Analisi sulla crisi doppia, perché dovremmo essere diversi dalla Grecia?
Analisi sulla crisi di un paese prima che diventi anche quella di un altro. Ogni volta che leggo e ascolto il trionfalismo della stampa italiana, impegnata nel celebrare la diversità del nostro Paese, rispetto alla Grecia e in fondo all’intera penisola iberica, per cui “loro” sono in crisi e “noi” no, sento un brivido alla schiena.
Non ho nessuna intenzione di fare il “disfattista”, sono e mi sento “patriottico”, nel senso non stupido della parola, ma al contrario come condivisone di valori con il ceppo culturale nel quale vivo e lavoro. Quindi considero Italia e italiani coloro con cui ho una condivisione di concetti e punti di vista sui valori fondamentali della persona, della vita e della relazione sociale.
Chiarito ciò e sgombrato il campo da ogni polemica, resta finalmente il ragionamento; perché non potrebbe accadere anche da noi il “collasso del mercato” sperimentato in Grecia?
Del resto ultimamente il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore, hanno previsto la “morte” della siderurgia bresciana, quindi potremmo pensare a una de-industrializzazione tale da impoverire la Nazione. Accendendo il cervello potremmo dire che:
– il collasso del mercato non è un evento solo argentino o greco. iberico o da Stati Uniti tipo 1929 o 2008, bensì interviene ogni volta la liquidità non sia disponibile, nella misura necessaria. Quindi la crisi ha una base tecnica e non geografica;
– le crisi hanno sempre una motivazione sociale e quindi anche economica (concetto molto duro da far recepire perché gli effetti sono sempre finanziari, chiamando alla ribalta gli economisti che lasciano le cause profonde irrisolte)
Normalmente la gente consuma troppo, indebitandosi, ma non è contenta, il che produce “la crisi”. Di conseguenza l’Argentina, gli Usa, la Grecia sono espressioni di un malessere sociale, figlio di una scarsa cultura nel saper vivere la qualità delle relazioni, anziché il loro numero. Oggi misuriamo in 100 “contatti” da facebook la quantità delle relazioni che abbiamo, ma nessuno di essi dà idee, punti di vista, opinioni e in fondo cultura. Cosa pretendere da una società che ha 100 contatti e zero approfondimenti?
– le crisi colpiscono o in sovrapproduzione, da cui un calo drastico dei prezzi, o in aree che producono poco. Anni fa si pensava che il terziario fosse fonte di ricchezza ma oggi, soprattutto a spese della Gran Bretagna, abbiamo capito che “terziarizzare” l’economia è valida solo in presenza di un forte assetto industriale. Quindi, a conti fatti, chi ha “le industrie” patisce di meno. Tutto sommato la Cina non soffre, perché è pesantemente industrializzata e l’Inghilterra è al collasso, perché ha tanto delocalizzato. Se questo passaggio è condiviso, l’opinione della stampa italiana sulla siderurgia bresciana è sbagliata, in quanto, questo tipo d’impresa, va aiutato/ristrutturato e non abbandonato.
Chiarito ciò possiamo anche noi diventare la Grecia 2 in Europa? certo! Perché la crisi ha aspetti tecnici e non geografici inoltre, a livello individuale c’è lo stesso tipo di superficialità umana che hanno anche i greci. Non solo, ma la liquidità di fonte bancaria, per le imprese, è ai minimi e questo particolare basta da solo a scatenare la “rottura del mercato”.
L’unico aspetto che “ci salva”, è che in Europa siamo al secondo posto per numero di fabbriche attive (secondi alla Germania) ma temo sia un particolare, che da solo, non sia in grado di fare la differenza, limitandosi solo ad attenuare le tendenze.
Conclusione, perché a una sintesi dobbiamo comunque pervenire. Non molto tempo fa, ho svolto una breve e intensa consulenza in una grande società, dove a conti fatti c’è un 18% della forza lavoro, che non rientrerà più. Questa consulenza segue un’altra di 3 mesi, per un’impresa che soffre del 70% d’insoluti mensili sul fatturato e a un’altra ancora, dove proposi l’azzeramento degli attuali manager per incapacità, ma l’imprenditore non mi rispose nel merito (forse non ne era capace) bensì se fosse stata tutelata la privacy di chi gli aveva mangiato l’impresa. In questi termini, alla luce del nuovo tonfo del dopo Pasqua, misurato da insoluti che salgono, in alcuni casi dal 18% del 2009 al 30% (per non parlare dei fallimenti e procedure assimilate) mi pare che Atene sia già qui al posto di Milano. Però l’abbiamo chiamata noi questa situazione e sempre noi possiamo allontanarla, a patto che ci re-industrializziamo, richiamiamo in Patria aziende sparse per il mondo, valorizziamo il “made in italy”, ci riconosciamo in una cultura del lavoro e del fare nella quale se gli altri si vogliono specchiare ben vengano, ma senza snaturarci per loro (questo concetto non si chiama razzismo, ma identificazione culturale) e impariamo a gestire i problemi anziché subirli (l’imprenditore preoccupato della privacy al posto di cacciare gli incapaci).
Siamo in grado di fare ciò, o restiamo decadenti vittime, offese dalla nostra stessa incapacità d’agire puntando al concreto dei problemi? Analisi sulla crisi che la Grecia anticipa per noi.