FORMAZIONE

CULTURA

Home FORMAZIONEINDUSTRIA E AZIENDALERAPPORTI METALLIRapporti metalli - 2010 Al 27 Maggio 2010 il rapporto metalli studiato dal prof Carlini

Al 27 Maggio 2010 il rapporto metalli studiato dal prof Carlini

by Giovanni Carlini
0 commenti

Al 27 maggio il Rapporto Metalli

Aggiornamento al 27 maggio 2010 di Giovanni Carlini
Fonti:
– Quotazioni Ufficiali London Metal Exchange – indici LME, COMEX e NYMEX.,
– Quotidiano: Il Sole 24Ore e suo sito “Metalli 24 materie prime”
– Associazioni: Assofermet e Camera di Commercio di Milano

CONSIDERAZIONI A CARATTERE GENERALE E PROIEZIONI FUTURE

E’ iniziata la ritirata dei prezzi

Più volte annunciato, il calo dei prezzi è finalmente iniziato e confermato dal trend ribassista dei prodotti siderurgici cinesi. Secondo i dati pubblicati nell’ultima rilevazione della China Iron And Steel Association, tutti i prezzi dei prodotti in acciaio registrano una diminuzione. Il calo più importante lo segna il tondo c.a. con -8,92% rispetto all’ultima rilevazione, seguito a ruota dalla vergella con un -8,86% e dai coils a caldo, che scendono del 5,03%. Resistono invece i tubi senza saldatura, che registrano un aggiustamento al ribasso dello 0,63%. Per tutti gli altri prodotti si segnalano deprezzamenti compresi tra il -3,23% e il -1,43%.

Le diverse leggi finanziarie della UE sono il costo per conservare l’euro

L’intera Europa sta facendo a gara per chi vara la finanziaria più dura, finalizzata alla conservazione di un assetto monetario che si chiama euro. Se questa sia la soluzione migliore, rispetto a quella più logica che prevedere il ripristino di monete nazionali, conservandone però una comune per i regolamenti internazionali, non è questa la sede più appropriata per discuterne. Di fatto si è scelta una strada, che rivela quando errato fosse il disegno originale. Cosa interessa al mondo dei metalli questo aspetto di macroeconomia? Oltre l’ipotesi d’avere dei nuovi casi “Grecia” nella UE, è stata anche decretata la fine (finalmente) della speculazione. Grazie alle nuove regole si può vendere sui mercati finanziari e dei metalli solo ciò che effettivamente si detiene, il che stronca anni e anni di prezzi assurdi praticati sul rame, petrolio e in genere su tutte le materie prime. Le prospettive sono “semplici”, un rapido sgonfiamento dei prezzi sui metalli non ferrosi, per cui che nessuno compri a questi prezzi! Rischierebbe di ritrovarsi il magazzino invenduto.

La crisi dell’euro è sociale non finanziaria

L’idea di fondo è semplice: la crisi della moneta europea non si limita a essere solo un aspetto finanziario, ma in realtà colpisce un modo di vivere, quindi è una crisi sociale.
Spiegare un concetto così articolato, in poche righe, è veramente difficile, per cui bisogna ricorrere a degli esempi. Non è trascorso molto tempo per ricordare quanto costava, in lire, un primo piatto al ristorante. Ebbene si stava grosso modo sulle 7.000 lire che sono state tradotte in 7 euro. L’attuale Presidente del Consiglio, l’on. Berlusconi, in quel periodo chiese un cambio a 1.050 lire per 1 euro, ma la coppia Ciampi/Prodi si piegò al volere della Bundesbank per 2.000. Il vero obiettivo in realtà era, oltre a figurare tra i primi a entrare nella moneta unica (aspetto futile) fu quello di dimezzare la capacità di spesa degli italiani e tagliare così un clamoroso debito pubblico, che avrebbe portato il Paese agli standard del crack argentino del 2001 o della Grecia di oggi. Però i concetti che stiamo qui analizzando non si limitano solo a celebrare quanto non ha funzionato, in realtà lo spunto serve per capire meglio il confronto tra l’area euro e quella del dollaro. Per chi frequenta gli Stati Uniti sicuramente avrà notato ad esempio i connessi costi per albergo e il vitto. In genere, a seconda della sede, il prezzo per una suite della catena Hilton, oscilla tra gli 80 e i 130 dollari.
Prezzi assolutamente folli se comparati con la stessa suite che a Milano costerebbe dai 300 ai 600 euro (immaginiamo 28 milioni di visitatori previsti per l’Expo 2015 come eviteranno di pernottare in città) Ovviamente l’Hilton concede, incluso nel prezzo, il parcheggio auto, un ufficio dove in ogni ora del giorno e della notte è possibile lavorare e una cena essenziale ma in grado di saziare. Nel caso si volesse andare in un family ristorante, con 6 dollari è possibile accedere al menù di carne o per 9 a quello di pesce. Il noleggio del monovolume da 3.000 di cilindrata è per 42 dollari al giorno, uno stipendio medio di 1.200 dollari, una casa la si compra tra i 100/150mila dollari e un’ora d’insegnamento, che in Italia viene retribuita 24 euro, negli USA viaggia sui 100 dollari. Gli esempi possono continuare, ma il concetto è chiaro: l’euro è una moneta virtuale per 16 sistemi economici di un club a 27 dotati di altrettanti idiomi diversi, governi, parlamenti e storia. Il dollaro è per 50 stati (provincie di un impero) che concorrono con 1 presidente e 1 congresso per un ruolo nel mondo. La domanda è: ma gli strateghi europei perché non ci pensarono?
Oggi un piatto di pasta viene venduto a 7/10 euro quando ne costa 5, un magistrato riceve oltre 7.000 euro di stipendio, (14 milioni di lire) un medico tra mutua e studio privato quasi 9.000 (18 milioni di lire) al mese e un operario 1.200 euro mensili, mentre il nostro sistema produttivo funziona a lire e non in euro. Nel binomio sistema economico e moneta, ci troviamo con un’economia che produce in lire, innestata su una moneta che ha l’ambizione di competere con il dollaro, ovvero è stata dollarizzata la lira (concetto già noto negli ambienti accademici dal 1999 ma non pubblicizzato). Se per spiegare meglio il concetto si paragona la moneta al flusso sanguigno di un corpo umano, si comprende immediatamente quanto introdurre una alta-altissima pressione nell’organismo significa scompensarlo! Con questo paragone ormai acquisito è errato fare il confronto tra l’ economia italiana e l’euro, in realtà il sistema produttivo nazionale andrebbe confrontato con il dollaro, come se questa moneta fosse stata applicata nelle tasche degli italiani e quindi europei. Ovviamente pensare al dollaro quale nostro unità monetaria, non è reale perché l’Europa non ha la compattezza economica e politica degli USA ma, in particolar modo, l’Italia non ha il sistema manifatturiero degli Stati Uniti, per cui non si può tradurre il lavoro italiano e le scelte adottate in una unità monetaria come il dollaro che è più forte, stabile e calibrato su un sistema di produzione più articolato quanto mondiale. Conclusione: un sistema sociale che ha partorito l’euro e ci si è incarnato è al capolinea. L’intera comunità europea e nazionale ha troppo ecceduto, spesso, giocato al “monopoli” con la valuta degli altri (dollaro) traducendola sotto forma di un nuovo nome e colore (euro). Concludendo: the party is over!

Quanto sta succedendo sulle ferro leghe

La nota di mercato di Assofermet di maggio, si riferisce direttamente al confronto tra il fermento che il settore delle ferro leghe ha subito, tra primavera e il periodo pasquale e lo stop ora accusato. Non solo, ma ciò vale anche per il mondo della ghisa, che ha subito la stessa battuta d’arresto nelle ultime settimane di maggio, riscrivendo un copione già visto nel quale tutte le principali voci e azioni, che dovrebbero animarne la commercializzazione, sono sostanzialmente sospese.
La tendenza di massima tra gli operatori, è quella di mantenere gli stock a un livello medio-basso, anche se in parte sono stati ricostituiti con gli ultimi acquisti fatti più a lungo termine. In particolar modo presso le fonderie, resta attiva la procedura della consegna programmata, sull’onda di necessità produttive reali (just in time) Permane comunque l’incertezza di fondo di un mercato che ancora non trova equilibrio, rimanendo in balia di prezzi altamente volatili, e che, con una produzione ancora tentennante, non consente mosse false e riduce di molto lo spazio d’azione sia in termini logistici che temporali.
In questi mesi chi acquista, difficilmente accetta consegne a lungo termine, perché questo significherebbe spostare l’effetto della scelta odierna su un futuro che, seppur prossimo, potrebbe presentare scenari non idonei: quindi si tende a regionalizzare l’acquisto per ridurre i tempi d’attesa nel ricevimento della merce. In un quadro di questo tipo. che permane tale da ormai un anno e mezzo, la discesa dei prezzi, seppur lieve, blocca il mercato e pone tutti, tra consumatori e produttori, in un limbo commerciale nel quale, da una parte, il consumatore essendo poco incalzato dalla produzione non acquista, nella speranza d’ulteriori ribassi, e dall’altra si trovano i produttori che, con quote di venduto in parte soddisfacenti, non si propongono con prezzi più bassi, perché considerano l’attuale situazione un assestamento necessario del mercato, non una vera inversione di tendenza. Tuttavia i prezzi delle materie prime sono ancora molto alti, infatti la ghisa d’affinazione è venduta in grandi lotti tra i 515 ed i 530 dollari, reso CIF. Probabilmente è credibile pensare a un range di prezzo intorno ai 10-15 dollari, anche se questo non cambierebbe il mercato nella sostanza.
Nel campo delle Ferro-leghe si conferma la lenta, ma regolare salita di quelle nobili, quali Ferro-Molibdeno e Ferro-Vanadio, che confermano il trend già dichiarato all’inizio dell’anno, mentre le ferro-leghe di massa, come Fe-Si, Si-Mn e Fe-Mn, subiscono l’andamento del mondo siderurgico, per cui offrono quotazioni sostanzialmente ferme da molte settimane.

Dalla nota di Assofermet Rottami

Il consiglio di Assofermet agli operatori, espresso nella sua nota ai rottami non ferrosi dei primi di maggio è: vendete, vendere e vendete ancora, svuotando il magazzino. Sostanzialmente quanto detto sempre, anche in questa rubrica semilavorati di LAMIERA, da mesi In effetti molti commercianti hanno di fatto seguito questo consiglio, vendendo l’intero stock di rottami ferrosi prima di Pasqua, sull’onda degli aumenti.
Per dare un “nome e cognome” ai responsabili degli aumenti sul ferro, bisogna riferirsi alle principali compagnie minerarie, Rio Tinto, BHP Billiton, e Vale che già in febbraio, si vuole qui rammentare, hanno aumentato i prezzi del minerale del 70%. Questa dinamica ha spinto le acciaierie al ciclo integrale, aumentando l’aliquota di rottami nelle cariche, per raggiungere un costo di produzione ragionevole. La riduzione della disponibilità di rottami al livello mondiale si è ripercossa sulle acciaierie elettriche che, in particolare nel nostro Paese, hanno infiammato i prezzi per timore di rimanere a corto di materiale.
Nei primi giorni di maggio si è parlato d’arrivi di navi dal Nord America di Proler che hanno avuto solo l’effetto psicologico di raffreddare il mercato nazionale, sebbene sul piano internazionale il prezzo del minerale ferroso (63%) si sia ancora rafforzato, arrivando a toccare i 197 dollari per tonnellata CFR main asian port. Questa procedura per cercare di fermare i prezzi annunciando eventi, che magari non si realizzano è sempre non adeguata. In realtà basta far riferimento alla logica del prezzo nella sua relazione tra domanda e offerta, scorte e disponibilità per capire quanto fallace sia il suo gonfiamento artificioso, figlio solo della speculazione.
Per quel che riguarda i rottami non ferrosi, le condizioni nel mercato nazionale si stanno gradualmente sgonfiando (finalmente) dopo alcuni mesi d’eccessi. Questo è l’effetto di una reale mancanza di materiali quindi un rallentamento della domanda, margini sempre più compressi e prezzi unitari troppo elevati, che costituiscono insieme un mix esplosivo.

I consumatori europei stanno mantenendo sostenuta la domanda, nonostante le turbolenze che hanno colpito il mercato dei metalli: al contrario i principali buyers cinesi e del Far-East sono piuttosto tranquilli in questo periodo. A carattere generale la situazione del mercato del rottame nazionale è stata influenzata dai seguenti eventi:

1) i principali produttori di grezzi stanno lavorando al 70% di capacità e soffrono per gli alti livelli di prezzo dei metalli ma, soprattutto, per l’estrema volatilità dei principali metalli industriali;

2) le riduzioni di stocks sull’LME hanno aiutato a sostenere i prezzi, ma la domanda di fisico è discontinua;

3) alcuni commercianti stanno esportando verso diversi Paesi dell’Est Europa, in cui ci sono trader estremamente aggressivi, soprattutto verso i rottami primari, più costosi di rame e ottone;

4) la disponibilità di rottame non ferroso è discreta nei cantieri, ma resta piuttosto difficile acquistare merce con margini operativi discreti, per cui si cercano prezzi molto bassi anche per lotti modesti, non credendo nel futuro in costi d’acquisto più alti di oggi; (più volte questo concetto è stato definito come “rottura del mercato” ovvero non comprensione tra acquirenti e venditori su prezzi sganciati dalla realtà, che preannuncia un clamoroso e nuovo crack)

5) tradizionalmente aprile e maggio sono i mesi di maggior attività per il comparto dei metalli non ferrosi, ma questo non sta soddisfacendo gli operatori, il che espone i prossimi mesi a ulteriori delusioni.

Le difficoltà sull’acciaio proseguono

L’Ilva di Taranto esprime in se stessa tutto il peso dell’incertezza di questo primo semestre 2010. L’azienda ha infatti annunciato sul finale di maggio, la nuova chiusura del Treno nastri 1. La decisione è giustificata, secondo quanto diffuso dalla Gazzetta del Mezzogiorno dal venir meno, nel giro di poche ore, delle commesse su cui il Gruppo Riva faceva affidamento per proseguire l’attività. Una decisione che dopo la sorpresa iniziale, ha suscitato tra sindacati e lavoratori grande preoccupazione. Preoccupazione che si diffonde nell’intero comparto acciaio, alimentando i dubbi che il recupero produttivo dei primi mesi del 2010 fosse solo un’illusione.
A soffrire sembra soprattutto la produzione di coils, alla luce dei continui cali registrati dall’industria automobilistica e di elettrodomestici, un fattore adottato tra le giustificazioni della chiusura del Treno nastri 1 tarantino.
Imminente quindi una nuova cassa integrazione straordinaria per i 200 lavoratori dell’impianto, sconcertati dalla rapidità e immediatezza della decisione, dato che l’Ilva non sa al momento, stabilire esattamente quanto durerà la cassa integrazione e soprattutto dallo spettro della mobilità, che potrebbe essere la conseguenza dell’esaurimento, a fine anno, degli ammortizzatori sociali. Inoltre i provvedimenti di stop potrebbero presto interessare anche altri reparti, un’evenienza non esclusa dall’Ilva, ma nemmeno dagli stessi lavoratori che dicono: «fermare il Treno nastri 1 significa, a cascata, fermare più fasi di lavorazione come l’acciaieria, la colata continua, l’altoforno. Una situazione a dir poco drammatica, come nella prima chiusura alla fine del 2008, quando qualcuno fra noi è stato a casa 14 mesi. Ma questa volta temiamo sia peggio, perché non sappiamo quando ritorneremo».

All’inizio della crisi nel giugno 2008

Quando si rivelò la crisi nell’estate del 2008, in tutti i convegni d’approfondimento indetti da ogni organizzazione impegnata anche nel settore metalli e acciaio, ci fu una sfilata più o meno monotona d’altolocati manager che dissero: non abbiamo saputo prevedere.
In merito al cambio dell’euro da oltre 2 anni, attraverso questa rubrica di LAMIERA si indica un corretto rapporto euro/dollaro a quota 1.25 (oggi è leggermente sotto, verso l’1.22) probabilmente scenderà ancora, probabilmente sotto l’1.20 ma è fisiologico.
Leggendo le diverse dichiarazioni e articoli sulla stampa, tutti si dichiarano sorpresi di come la moneta comunitaria si sia deprezzata in velocità e per il livello raggiunto. Ovviamente anche in questo caso si dirà: non avevamo saputo prevedere. A parte il fatto che la crisi del 2008 fu prevista non solo da questa rubrica, ma troppe volte annunciata dal premio Nobel all’economia, Paul Krugman, quindi bastava leggere i quotidiani, ma anche sul cambio si dirà che non si poteva prevedere, quando sarebbe bastato sfogliare qualche pagina di LAMIERA.

COMMENTO ALL’ANDAMENTO DEI PRINCIPALI METALLI

ALLUMINIO
Relativamente alla visione sul mondo dei rottami in alluminio, grazie ai suggerimenti di Assofermet, il mercato in leghe primarie appare decisamente tranquillo, durante il mese di maggio (non che sia stato in tensione negli ultimi anni, tranne qualche estemporaneo momento). La domanda risulta quindi minima da parte dei principali produttori. Molti di essi sono, come si dice in gergo, “sovra stoccati” e soffrono sia per la mancanza d’ordini che ritardi sensibili nei pagamenti da parte di alcuni consumatori.
Si riscontra, in questo quadro macroeconomico, una buona disponibilità di grezzi in leghe primarie a prezzi interessanti. Comunque non c’è una grande competizione nell’accaparrarsi il rottame. I piccoli estrusori, in particolare, sentono il disagio per mancanza di liquidità e per le difficoltà del comparto delle costruzioni come dell’industria automobilistica che accusa perdite, ancora nel 2010.
Con queste prospettive i principali commercianti di rottame, preferiscono esportare parte della loro produzione verso il Nord Europa.
Il comparto dell’alluminio secondario, invece, è ancora effervescente: i principali consumatori di rottame stanno lavorando, da diversi mesi, a piena capacità ed hanno un buon carico d’ordini fino a giugno, potendo contare su un’accettabile disponibilità di rottami a basso prezzo.
I principali commercianti hanno concentrato le vendite dei loro prodotti d’alluminio secondario nei mercati europei, mentre quelli d’oltremare non sembrano competitivi su questo genere di prodotti.

RAME
Sul versante dei rottami del rame per ogni tipo di qualità, Assofermet ci informa che si mantengono ancora prezzi sostenuti sul mercato. La richiesta generale si mantiene discreta pur avvertendo una certa penuria di rottame. In particolare la domanda dei principali consumatori nazionali è ancora buona, nonostante l’elevata turbolenza subita dal metallo nelle contrattazioni presso l’LME. La disponibilità di rottame è scarsa specialmente per i prodotti di qualità superiore e c’è in corso un’accesa competizione per accaparrarsi il rottame.
Diversi commercianti stanno esportando il rottame verso l’Est Europa a prezzi piuttosto interessanti, contribuendo nel sostenerne i prezzi, in un momento di richiesta discontinua dalle principali raffinerie. I consumatori più importanti di grezzi, spinti dall’aumento dei prezzi registrato nel primo quadrimestre, sono tornati sul mercato per fissare nuovi ordini per consegne fino a giugno. I produttori di tubi e fittings, stanno lavorando al 70% di capacità, così come i produttori di lastre per lattoneria.

PIOMBO
Nella nota di mercato di Assofermet la domanda di rottami nel mercato nazionale è buona. La disponibilità per questo tipo di prodotto e per i lingotti rifusi è invece discreta. I prezzi nel mercato estero si presentano solitamente migliori rispetto a quelli praticati nel nostro Paese, per cui sono state pesantemente ridotte le importazioni.

NICHEL
Per quanto concerne i rottami di nichel, i produttori d’acciaio inossidabile, come ci conferma Assofermet, hanno sostenuto i prezzi del nichel e le richieste nel corso del mese di maggio. I produttori nazionali, in particolare, stanno lavorando a piena capacità. Inoltre i più importanti distributori hanno aumentato gli acquisti per anticipare l’atteso aumento del prezzo degli inossidabili nel prossimo quadrimestre (ma ci sarà?)

STAGNO
Grazie a un’operazione finanziaria in Giappone, possiamo ottenere delle importanti informazioni sull’andamento del mercato dello stagno. La Nippon Steel comprerà il 55% del produttore di stagno indonesiano, PT Latinusa, in un’operazione che coinvolgerà altre tre aziende giapponesi.
Il gruppo nipponico ha annunciato a fine maggio l’operazione da circa 40 milioni di euro, che punta a rafforzare la presenza dell’azienda nel mercato della latta per alimenti e contenitori di bevande, la cui domanda è oggi in rapida ascesa.

ZINCO
Il 2010 è stato indicato come un momento di ripresa per l’industria mondiale dello zinco. Stando alle previsioni dell’Australian Bureau of Agricultural and Resource Economics (ABARE), nel 2010 saliranno la produzione, i consumi e le quotazioni e in effetti questo si è dimostrato vero nei primi 5 mesi dell’anno. Le previsioni per il 2010 furono formulate per un incremento con una media attorno ai 1.940 dollari la tonnellata, che rappresenta un 29% in più rispetto al 2009.
Le stime dell’ABARE mostrano una crescita del 6% (11,2 milioni di tonnellate) nel consumo mondiale di zinco per il 2010. Il 2009 ha visto una diminuzione del bisogno di metallo del 7% rispetto al 2008. Alla base del progresso previsto per il nuovo anno la costante e crescente domanda cinese.
Dopo il calo produttivo del 2009 di circa 8 punti percentuali, nel 2010 le attese sono per un recupero del 3%, con l’output che dovrebbe superare quota 11 milioni di tonnellate. A maggio queste previsioni sono ancora reali.

Potrebbe piacerti anche