Al 23 agosto il rapporto metalli e semilavorati studiato dal prof Carlini
La prossima crisi, quella che ancora non c’è
Come poteva reggere un mercato così scardinato nelle sue regole essenziali? Chi conosce questa rubrica di LAMIERA, sa quanti allarmi preventivi sono stati qui discussi ed emessi, non negli ultimi mesi, ma da anni. Anzi si conferma ancora una volta, come sia atteso un altro shock (francamente tale solo per chi non studia il mercato) sulla Cina.
Onestamente, quanto sempre ribadito sulla instabilità della dittatura cinese, si è già verificato nei paesi arabi, soprattutto quelli che s’affacciano sul Mediterraneo, per cui abbiamo assistito a uno “scambio degli addendi” a somma è costante. Come socialmente e quindi anche economicamente sono collassati i paesi arabi (il cui futuro resta buio) lo stesso identico risultato è studiato e monitorato dalla Cina. I segnali, che giustificano una previsione di questo tipo, sono stati pubblicati mese per mese da questa rubrica e comunque sono speculari rispetto all’Occidente: da noi troppo poco in produzione e consumo e da loro un eccesso in ogni senso.
Uno stallo troppe volte annunciato
Pur sapendo che i lettori di questa rubrica amano andare subito “al sodo”, ogni evento del lavoro e della vita non accade per caso! Infatti, anche questo secondo colpo all’economia e finanza mondiale, non giunge per chissà quale ancestrale fato: in realtà è frutto di superficialità.
Per semplicità si espongono per punti i diversi concetti che è opportuno tenere in considerazione:
a) è stata confusa la finanza con l’economia credendo, anche a livello d’impresa, di poter “giocare a wall street” come un aggiuntivo metodo di produzione della ricchezza. Questo “gioco” è nato negli anni ottanta e ora, trent’anni dopo, ha prodotto i suoi guasti. Per spiegarsi meglio si può fare il paragone con un bicchiere di vino. Berne a tavola con il cibo è sano e piacevole, abusarne significa ubriacarsi. Oggi la finanza d’impresa è “sbronza”. La sensazione è di scrivere “parole al vento”, ma sarebbe necessario educarsi nuovamente a un diverso equilibrio, dove l’economia torna a essere il vero motore della produzione di ricchezza e la finanza una sua appendice.
b) Quando si parla di finanza d’impresa, non ci si riferisce a investimenti speculativi in borsa o a chissà quale rocambolesca operazione. In realtà “l’innocente” speculazione sugli acquisti di metallo (illudendosi che i prezzi non possano che crescere) o ritardare le consegne per fatturare a valori più alti, sono giochetti da apprendisti speculatori, che svolti nell’eccessivo numero di operatori attualmente attivi sul mercato, ne determinano la crisi o forse collasso. Il motivo è semplice, “rubacchiare” sul prezzo, significa impattare con una domanda che non accetta questi aumenti, perché c’è troppa incertezza e disoccupazione, causata anche dalla delocalizzazione delle nostre imprese. Ecco la quadratura del cerchio.
c) Per chi si sente più addentro alle regole della macroeconomia, sin dall’800 è nota una regola: l’eccesso di offerta su un mercato, corrisponde alla carenza di domanda su un altro. Cosa vuol dire? Grazie ai giochetti di finanza, c’è un eccesso di liquidità (le persone hanno una disponibilità di liquidi eccessiva) a cui corrisponde un eccesso di offerta di beni. Troppe occasioni per acquistare che comprimono i prezzi da cui tanta liquidità, che non si sa dove impiegare. Sono gli ingredienti primi della tempesta perfetta. Questi concetti già di John Stuart Mills, economista britannico dell’ottocento, benché spiegati a lezione, sono stati dimenticati dalla nuova classe dirigente, la quale ha deciso cosa applicare dalle esperienze del passato. Conoscendo sia gli studenti che la nuova classe dirigente in azione da trent’anni, non era difficile prevedere che questo sistema non avrebbe funzionato! Infatti l’eccesso di domanda, nel campo finanziario e di offerta nel mercato dei beni, ha prodotto l’attuale stagnazione, quindi un esubero di lavoro (la disoccupazione).
d) Ovviamente un altro “colpevole”è un’erronea applicazione della globalizzazione e delocalizzazione con annesso furto di posti di lavoro ai danni del mondo occidentale, quello stesso che dovrebbe comprare le merci prodotte in Cina, Romania, Polonia e comunque su altri mercati.
Statistiche sui prezzi e tendenze per il futuro (dati al 23 agosto)
Dai dati statistici di luglio emergono due orientamenti contrastanti: un calo del 28,3% rispetto a giugno, per i prodotti siderurgici sbarcati nel porto di Marghera e una contestuale crescita del 67% per i rottami. Questo dato va posto in relazione con quanto comunicato da Eurofer sull’andamento dei prezzi del rottame in Europa, dove ci sono ribassi (in luglio) compresi tra il 2,75% per quanto riguarda il frantumato e dell’1,47% sulle cadute nuove. Una tendenza non estranea al resto del comparto, dove tutte le Camere di Commercio d’Italia registrano ribassi tra i 10 e i 20 euro la tonnellata sui prodotti lunghi.
Per il momento restano invariate le quotazioni dei laminati mercantili, larghi piatti, la vegella da trafila e per rete elettrosaldata. Sul piano più vasto delle quotazioni siderurgiche in Italia, sempre sulla base dei dati comunicati dalle camere di commercio, le variazioni in luglio sono tra i meno 15 euro la tonnellata e, a volte, più 10. Al contrario l’inox e le billette, che registrano degli incrementi di maggior rilievo.
Sul futuro a breve, come anche nel medio periodo, il parere di questa rubrica non può che essere ribassista. La differenza però, rispetto agli altri rapporti che affollano il settore, non è tanto nel pronunciarsi in merito alle future indicazioni (pochi lo fanno) ma sull’entità del ribasso che si ritiene molto ampio. Il motivo è sempre lo stesso: si è ecceduto nella speculazione rompendo l’armonia tra domanda e offerta, il che non può che produrre sia un calo delle quotazioni (almeno il 30%) che nel numero degli operatori attualmente attivi.
Una precisazione; l’ipotesi per una contrazione dei prezzi del 30% è quella minimalista e per i prossimi mesi. In realtà un assestamento reale del comparto, richiede sicuramente una riduzione del 60%-80% dell’attuale livello di quotazioni, che purtroppo non ci sarà lasciando ancora presente la speculazione, però l’ordine d’idee è su questo livello.
Attenzione agli errori di valutazione statistici
La stampa generalmente informa ma non spiega. Il concetto va applicato anche in questo settore, in maniera particolare all’uso delle statistiche. Ad esempio l’Istat comunica, in merito alla produzione industriale di giugno, un calo dello 0,6% sul mese precedente e un incremento del 2% sul pari periodo del 2010. Più specificatamente nel campo metallurgico, a giugno, la flessione è del 1% su maggio, mentre la corrispondente crescita sul 2010 si attesta al 7,2%
Sono dati che lasciano pensare a una forma d’assestamento comunque in evoluzione ottimistica. Ecco l’errore! Il confronto va sviluppato a parità di condizioni macroeconomiche e non per il solo mese dell’anno con il suo corrispondente. Il 2010, nella logica del “doppio colpo” (crisi a forma di W) come fu studiato e spiegato nel 2008, rappresenta un periodo di “recupero” a cui segue inesorabilmente una rapida discesa. Ciò che non si sapeva allora, era come collocare nell’arco dei mesi i diversi passaggi della forma a W della crisi.
Oggi però il quadro è ancora più complesso rispetto al 2008, perché a quell’epoca si pensò che la lezione sarebbe stata appresa dalle autorità pubbliche e dirigenza aziendale, da cui sarebbero derivati diversi accorgimenti correttivi. In realtà l’immobilismo, sia europeo che soprattutto dell’attuale presidenza statunitense, ha incancrenito le cause della crisi, che se non rimosse, modificano le proiezioni. Adesso la previsione non è più per una sola W, ma si stanno studiando una serie di W a intensità calante. In questo modo, se con una sola W nel lasso di tempo 2008-2015 forse si sarebbe potuto parlare di una piena ripresa nei suoi valori reali, invece adesso tutto si complica. Con una successione di W ancora da identificare, in un andamento del tipo “dente di squalo”(up and down) a fronte di 30 anni in “vizi & bagordi”, è possibile che serva una nuova generazione d’imprenditori e consumatori, per rimediare ai guasti dei padri. Però qui sorge un interrogativo: le nuove generazioni, sono disposte a vivere al di sotto dei livelli di consumo-spreco e agiatezza dei genitori?
L’analisi dei bilanci 2010 al 23 agosto 2011
Ormai i bilanci sono stati completati ed è tempo di verifiche. Un esercizio di questo tipo, assolutamente inutile in questo periodo, vede per forza di cose un miglioramento sul 2009 che però non è vero, se contestualizzato ad oggi, nell’attuale contesto economico e finanziario! Ecco dov’è il problema richiamando le motivazioni già esposte.
Serve consolarsi e perdere tempo nel complimentarsi per “il ritorno all’attivo”, quando è pura celebrativa formalità? Ecco perché questa classe dirigente ha fatto il suo tempo e va rimpiazzata da nuovi imprenditori; ma abbiamo giovani in grado di tornare ai valori della moralità, intelligenza, sagacia e perseveranza, della cultura e del lavoro in equipe, che il nuovo mondo richiede? (non quello globalizzato oggi agonizzante, ma il nuovo che si sta profilando, i cui contorni non ci sono ancora noti) Tornano alle mente le parole dell’imprenditore Fabio Riva pubblicate recentemente sulla stampa economica: “Il prezzo del coke e degli altri carboni è praticamente raddoppiato, i minerali sono schizzati verso l’alto di oltre il 50% il che significa che stiamo lavorando solo per pagare le materie prime”. E’ vero, ma le nuove prospettive a breve, sono destinate a modificare questa situazione, che non migliorerà il quadro complessivo delle imprese, impegnate con il calo della domanda di beni.
Comunque dalla sterile lettura dei bilanci 2010 emergono dati interessanti come quello della Ferriera Valsider, che ha ripreso quanto perduto in fatturato e redditività nel 2009 non tanto sul piano commerciale, bensì come modifica del mix produttivo. Nel dettaglio è stata incrementata la produzione di coils, passando dal 60 al 72% del totale e contratta quella per le lamiere, che scendono dal 40 al 28%. Con una nuova formula produttiva di questo tipo, si è alzato anche il margine delle vendite che è passato da un -14,3% del 2009 al +4,7% del 2010. Si tratta di dati e scelte interessanti che vanno meditati. Per quanto concerne la tendenza reale e contestualizzata al tipo di congiuntura che stiamo vivendo, possiamo quasi estendere al comparto europeo e nordamericano, i risultati conseguiti nel primo semestre di quest’anno, dalla statunitense Walter Energy, attiva nel campo della produzione di carbone metallurgico, che soffre un calo del 7,57 d’utile netto.
Conclusione al 23 agosto
Per restare sul mercato non basta esporre un’insegna, ma necessita un ritorno alle virtù degli imprenditori degli anni sessanta, che hanno vissuto per le loro imprese, considerandole creature da far crescere per le future generazioni, anziché strumenti d’arricchimento e consumo come spesso accade oggi. Il ritorno al passato non sempre è un arretramento se il presente è sbagliato.