Rapporto Semilavorati
Aggiornamento al 22 novembre 2010 di Giovanni Carlini
CONSIDERAZIONI A CARATTERE GENERALE CON PROIEZIONI FUTURE
I prezzi scendono costantemente
Osservando la dinamica dei prezzi, si nota un progressivo e costante sgonfiamento in atto da settembre a oggi. Il riferimento corre a tutti i semilavorati censiti e pubblicati sul sito di LAMIERA, che settimanalmente rileva le quotazioni dalla Camera di Commercio di Milano e allo studio del mercato nel suo insieme.
Sul perché accada ciò francamente c’è veramente poco da discutere. Tutte le esagerazioni sono sempre destinate a sgonfiarsi. Il punto è un altro. Di quanto scenderanno i prezzi dei prodotti semilavorati e su che arco di tempo?
Le dimensioni della bolla sui prezzi dei semilavorati
Qui fare previsioni è uno dei compiti più ardui. Qualsiasi cosa si possa dire, viene sistematicamente non confermata da un altro operatore, il che ci spiega come stiamo vivendo in una condizione da “torre di babele”. Certamente se questo è il contesto dove si dovrebbero formare le idee, una prima conclusione si può già trarre: in assenza d’unanimità o di una consistente maggioranza rialzista (che vede quello che desidera) quanto ribassista (dicono ciò che temono) è possibile pensare che la tendenza futura dei prezzi non sia per un apprezzamento.
Il metodo utilizzato per arrivare a un’azzardata previsione su ulteriori cali dei prezzi, non sarebbe accettabile se non considerasse un reale rallentamento del sistema economico nel suo complesso. Ad esempio, il comparto edile e l’automotive sono quelli che in finale d’anno 2010 stanno pagando il prezzo più alto, ma rappresentano solo la punta di un generalizzato ridimensionamento della produzione. Con questi dati è possibile pensare che i prezzi scendano ancora.
La seconda parte della domanda è ancora più complessa: di quanto potranno sgonfiarsi i prezzi dei prodotti semilavorati?
Un’ipotesi di calo dei prezzi sui semilavorati
Questo secondo quesito “fa tremare le mani” a chi deve rispondere, mettendo insieme mille (forse migliaia) informazioni e dati letti, sentiti, vissuti e percepiti in un turbine di relazioni, atti di vendita, strette di mano e lavoro svolto. Considerando un calo del 17% nel comparto edile statunitense (il primo mercato a entrare in crisi nel 2008, ma anche il primo, si dice, che dovrebbe riprendersi) e quello dell’automotive in Italia del 26% in ottobre (ma è più o meno lo stesso in Europa) pensare a uno sgonfiamento dalla bolla speculativa sui prezzi dei semilavorati intorno al 20% non è valore particolarmente “assurdo”, da quantificare per i prossimi mesi.
E’ veramente bolla quella sui semilavorati?
Non si può dire che ci sia una manovra speculativa sui semilavorati se non osservando l’intero comparto, dalla materia prima al prodotto finito. La speculazione, vera metastasi dell’economia globalizzata, ha sporcato tutta la filiera, coinvolgendo ogni aspetto, dal produttore al dettagliante finale. Non è più quindi solo un problema di un settore o dell’altro, il rischio di dissesto è endemico quanto sistemico. Finchè non sarà possibile stroncare o fortemente limitare “il gusto di speculare” sui metalli di base, i prezzi saranno sempre drogati e pertanto soggetti a un’instabilità strutturale.
Conviene approvvigionarsi oggi o domani?
La domanda è francamente mal posta. Non è corretto chiedersi se sia più saggio approvvigionarsi in finale d’anno, anziché nei primi mesi del 2011 (quando si prevede un accentuarsi nel calo dei prezzi) perché la risposta corretta è quella di comprare solo sul venduto.
Appare una frase fatta, sganciata dalla reale dinamica dei nostri distributori che hanno la necessità di “tenere in casa” una quantità base di prodotto. E’ vero. La critica all’espressione “comprare solo sul venduto” è corretta. Resta il fatto che troppe imprese hanno rischiato di saltare (fallire) per aver sbagliato le loro politiche d’approvvigionamento, fidandosi di un prezzo che sarebbe sempre cresciuto (in teoria) quando questo non è vero per definizione. Considerando, per forza di cose e dovere d’onestà, tutto quello che è accaduto, non in una singola impresa italiana, di questo settore, negli ultimi 18 mesi, il consiglio che si deve dare (e che non si può non lanciare) a tutti gli operatori è quello di considerare il magazzino come un’immobilizzazione di liquidità. Questo vuol dire che le merci stoccate in magazzino, rappresentano una “materia prima” che alle nostre imprese, da parte del settore bancario, scarseggia sempre di più, mentre abbonda sui mercati finanziari per scopi meramente speculativi. Ecco toccato con mano uno dei centri della polemica che è costata la presidenza all’attuale inquilino della Casa Bianca. Questo aspetto necessita un approfondimento.
Sul piano internazionale
Come noto il 2 novembre negli USA l’attuale Presidente degli Stati Uniti si è visto ridurre del 50% la sua capacità d’agire. Perché? Era stato eletto come se fosse “il messia”; non sono passati neppure 2 anni che di fatto è già con un piede fuori dalla Casa Bianca. Oggi negli Usa non si discute più se il Presidente faccia o no qualcosa, ma chi sarà il prossimo eletto nel novembre 2012 (probabilmente una donna e non sarà la Clinton). Tutto questo è accaduto per un motivo semplice. La potenza numero uno nel mondo, non ha saputo in 2 anni, lanciare una norma di legge, che sappia regolare i flussi di denaro speculativi. L’assenza di un quadro normativo sulle regole in cui può e deve agire la speculazione, rappresenta il mandante che ha sparato contro il mito di un Presidente che si è spento con la stessa velocità con cui fu eletto. Ciò che impressiona in tutta questa triste vicenda è la rapidità.
Perché la Cina e il Brasile non sono più una promessa
Anche se questo documento è solo un rapporto semilavorati, in pratica una rubrica di una rivista tecnica, vanno ugualmente spiegate le cause che generano successivamente un aumento o diminuzione dei prezzi finali. Il violento, quanto voluto, abbassamento del dollaro, ha alzato (come se fossero vasi comunicanti) le valute denominate in euro, yen e delle monete di Cina e Brasile. Questa manovra ha uno scopo: stroncare l’import di prodotti dai mercati emergenti verso gli Sati Uniti dove, producendo in loco quanto oggi costa di più se importato, la disoccupazione scenderà. Sa rammenta come sia negli Usa che in Europa, il totale dei senza lavoro si aggiri sul 10% dell’intera forza umana disponibile, destabilizzando i governi attualmente in carica. Mediamente una democrazia entra in crisi con una disoccupazione al 30%. Una manovra di questo tipo sui cambi, voluta e perseguita con sagacia dalla Banca centrale statunitense, ridimensiona senza alcun indugio ogni prospettiva di radioso futuro, in particolare per la Cina e il Brasile. Alla luce della dichiarazione del 2 ottobre da parte del premier cinese: se scendessimo sotto l’8% di crescita annua del PIL, saremmo travolti da rivolte popolari, tutto cambia. In parole povere abbiamo stabilito un tetto al di sotto del quale la Cina collassa. In Occidente, molti si sono posti la stessa domanda negli ultimi anni studiando l’andamento di mercato, ma solo il premier cinese è stato così esplicito. L’eventuale collasso sociale quanto economico della Cina (e del Brasile) sono quei fattori nuovi che hanno già aperto la seconda fase della globalizzazione, che corregge gli errori di delocalizzazione già commessi.