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Al 20 ottobre 2011 il rapporto metalli studiato dal prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Al 20 ottobre il Rapporto Semilavorati analizzato dal prof Carlini 

Aggiornamento al 20 ottobre 2011 di Giovanni Carlini

Le premesse per cercare di capire qualcosa
A costo di rasentare l’ovvio e il già detto da tutti gli organi d’informazione, le nuove tendenze dei prezzi su ogni prodotto che sono riconducibili a questo settore merceologico (rottame, metalli di base ferrosi e non, semilavorati) subiscono una forte correzione nei prezzi Questa è la realtà. Passando all’interpretazione della tendenza, in effetti ci si può abbondantemente dividere. Ad esempio si potrebbero anche confrontare i prezzi in vigore nel 2004 (all’inizio della fase speculativa), rivalutarli di un valore normale del 3-4% e confrontarli con quelli in uso oggi per quanto leggermente intaccati nel prezzo. Tutto quello che “avanza” dal confronto è speculazione, ovvero soggetto a essere pesantemente ridotto in pochissimo tempo, appunto perché “prezzo speculativo”, quindi senza valore se non effimero.

Un imprenditore del nord est
Un importante imprenditore del nord-est, a capo di una spa con qualche centinaio di dipendenti, chiama in Redazione e ci responsabilizza: ho fermato tutti gli acquisti seguendo i vostri consigli pubblicati su LAMIERA in questa rubrica. Inoltre aggiunge: il fermo degli acquisti ha reso felice il controllore dei conti, il quale vede così scendere il magazzino e migliorare la posizione finanziaria complessiva. L’imprenditore conclude: spero, seguendo i consigli pubblicati, ma senza impegno per la testata, di comprare quanto effettivamente ci serve a prezzi più bassi, monetizzando un risparmio reale.

Tendenza dei prezzi: il rottame
I compratori di rottame, come del resto tutti gli operatori di mercato attendono per approvvigionarsi. In questo modo, ad esempio, la Turchia cala del 32% l’import di rottame, in agosto, anche perché obiettivamente, non sa a chi venderlo. La soglia di prezzo per il rottame A3 oscilla tra un minimo, a metà ottobre, di 409 dollari la tonnellata CFR e i 420 ma non è difficile prevedere che si sfondi al ribasso la soglia dei 400 per ripristinare un nuovo range d’oscillazione tra i 350 e i 400 a cavallo tra la fine dell’anno e i primi mesi del 2012.
E’ interessante dare un contenuto statistico al calo turco di export. Emerge (come anticipato dal precedente rapporto di settembre) un forte e deciso ridimensionamento statunitense nell’import (per valorizzare le imprese americane e riassorbire così disoccupazione). Infatti gli USA, al pari della Gran Bretagna, contraggono le importazioni dalla Turchia del 30%. Non sono da meno, su questa strada il Belgio con il 58,7% e la Russia al 50% in meno. Ancora più accentuata l’Olanda, con il 71,2%. Con questi numeri è in corso un processo d’ampie prospettive, ridimensionando clamorosamente i tradizionali canali d’approvvigionamento.

Tendenza dei prezzi: tubi
Prendendo in considerazione i prezzi cinesi, relativamente ai tubi saldati e quelli che ne sono privi, c’è da rilevare un importante calo che oscilla intorno al 7% a metà ottobre per quelli saldati e al 10% sugli altri. Non è un segreto che la stessa Cina stia rallentando ogni eccesso, avvicinandosi a quanto gli specialisti pensano sia il prossimo collasso sociale cinese. In pratica in questo paese, soggetto a dittatura, è atteso un processo simile a quanto ha già coinvolto il mondo arabo. Che sia vero o no e in che misura, è difficile dirlo per chiunque, ma i livelli d’allerta sono ovviamente stati alzati da tutti, limitando l’import cinese per non restare tagliati fuori dagli approvvigionamenti. Un’impresa italiana impegnata nella refrigerazione per la nautica afferma: importavamo tubi dalla Cina che ci hanno creato dei problemi. Oggi abbiamo cambiato rivolgendoci al mercato statunitense. Ovviamente stiamo informando la clientela che i nostri apparati sono ora dotati di parti “made in USA” riscontrando un maggiore interesse commerciale. Va rammentato come sul mercato statunitense, sia per i prezzi OCGT che le condotte, si registrano, da qualche mese, una tendenza che va oltre il solo ribasso collocandosi, per poter animare il mercato, al disotto dei prezzi di mercato. In questa maniera le offerte al ribasso sono diventate la norma. Un segnale di questo tipo non può passare inosservato, perché indica un netto peggioramento di tutto il sistema di contrattazione e commercializzazione dei prodotti derivati dal metallo (e non solo)

Tendenza dei prezzi: i piani
Quanto già espresso dalla Cina per i tubi, trova conferma nei laminati a caldo, freddo, zincati a caldo e preverniciati, quindi la lamiera stagnata. Indipendentemente dall’importanza della contrazione di prezzo rilevata a metà ottobre, che ha comunque il suo valore, resta la costanza di un trend di prezzo calante, in grado di disarticolare l’intera filiera di produzione, riconoscendo che diversi operatori stanno agendo in perdita sia vendendo piani che tubi come altri semilavorati. Nel dettaglio abbiamo 28 dollari in meno la tonnellata per i laminati a caldo denominati SPHC Q195 al carbonio comune, bassolegati e in alto contenuto di carbonio con diametro inferiore oppure uguale ai 2,0 mm. Mentre sono 31 i dollari in meno la tonnellata per quei SPHC sempre Q195 però con diverso spessore

Tendenza dei prezzi: coils a freddo e caldo
In Cina i prezzi sia di coils a freddo che nastri, sono mediamente inferiori del 10% a metà ottobre. Negli USA la tendenza è confermata con cali anche più accentuati, intaccando l’import. Non si ritiene che nel breve periodo possa cambiare il trend di fondo, anche se le scorte degli operatori si stanno gradualmente riducendo ed è atteso un rimbalzo, di cui però non se ne capisce la natura, essendoci forti eccessi di produzione in tutto il mercato nordamericano. Su questo ragionamento e non solo, lo stesso produttore italiano Antonio Marcegaglia con un autorevole articolo, ha dichiarato d’attendersi un “rimbalzo” dei coils in primavera 2012. Il punto è che anche in questo caso, non si riescono a scorgere le reali e logiche motivazioni se non quelle di un ottimismo forzato. Infatti per desiderare di riempire i magazzini, gli operatori dovrebbero affacciarsi su un mercato attivo, il che non pare proprio possa essere tale fino al 2013 se non oltre. La stessa Cina sulla quale tanti (troppi) imprenditori italiani hanno puntato, tra cui la stessa impresa Marcegaglia, si rivela per quello che è: una colonia produttiva per l’Occidente, in quanto i suoi consumi interni restano modesti, perché questo deriva da una forma di governo che non consente il consumismo, pena la sua rapida scomparsa.

Perché i mercati si stanno fermando
Se non sono chiari i concetti qui di seguito condivisi, tutto appare non comprensibile. Il mercato si ferma perché non sono stati risolti i problemi di fondo che hanno generato una prima “scossa” nel 2008. Risanate inizialmente le banche, con denaro pubblico, non sono stati applicati filtri alla speculazione, la quale prosegue la sua azione senza controlli. A questo aspetto devastante, che turba i mercati e nel contesto s’includono anche i prezzi privi di logica applicati per anni alle materie prime (rame, ferro, stagno, zinco, alluminio, nickel) si somma l’errore di fondo che ha portato a imporre una moneta unica a mercati profondamente diversi, tanto da spingerli al collasso (vedi l’Europa del sud, l’Irlanda e Belgio) Su tutto ciò c’è una sbagliata applicazione della globalizzazione che ha prodotto una grave disoccupazione in Occidente, tanto da contrarne il tasso di consumo. Con queste premesse, sperare nel rimbalzo del mercato, come se questo vivesse avulso dalla realtà quotidiana, appare riduttivo se non inadeguato. Come se ne esce? Non se ne esce. Servono anni per ridurre la globalizzazione, riportare in casa le aziende delocalizzate o che falliscano quelle che lo hanno fatto (chiudono 40 imprese al giorno in Italia) quindi assumere, alzare i livelli di consumo e rilanciare l’intero sistema economico. Allo stato attuale chi è in prima linea, non può far altro che ridurre i consumi e gli acquisti spingendosi su altri mercati (America Latina, Africa e nord America) per presidiare quelle aree, anziché produrre e re-importare nel nostro paese.

Non ferrosi: il rame
Purtroppo questo metallo ha sofferto una speculazione selvaggia ed è quindi destinato a subire i ridimensionamenti più forti in brevissimo tempo. Già ai primi d’ottobre aveva perso quanto guadagnato (speculato) negli ultimi 14 mesi. Non è assurdo pensare al rame, in finale d’anno, tra i 5.000 e i 6.000 dollari la tonnellata. Ogni tatticismo speculativo per cui, si legge sulla stampa economica, ci sarebbe un “ritorno” dei cinesi negli acquisti tra i 6.500 e i 7.000 $/tonn, sono solo parole che non analizzano il rallentamento di un paese che non produce per se stesso.

Non ferrosi: nickel e alluminio.Ora si produce in perdita
Nel caso del rame, perché i profitti dei produttori siano intaccati, serve un prezzo inferiore ai 4.000 $/tonn il che spiega l’esagerazione da speculazione, che grava su questo metallo. Questa certezza però non vale per il nickel e l’alluminio, per cui ci sono degli operatori (il 10% per il primo e il 40% sull’alluminio) già in perdita. Nonostante ciò gli investimenti non hanno subito alcun arresto, perché l’80% è in mano ai grandi nomi del mercato, che mantengono ancora margini. Nel 2012 si spenderà per le miniere, allo stesso livello del 2008 (155 miliardi di dollari) Nonostante ciò è possibile che nel 2012 si perda estrazione nel nickel per 100mila tonnellate, causa fallimenti di società minerarie. I più esposti sono i produttori cinesi, alcuni impianti europei e qualcuno negli USA.

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