Al 20 luglio 2011 analisi del mercato siderurgico studiato dal prof Carlini
Manca sempre il punto di fondo
Per poter scrivere questo rapporto ogni mese, a favore della testata di LAMIERA, è palese che ciascuna parola detta e scritta negli ultimi 30 giorni, dagli operatori di mercato in Italia come all’estero, va letta, studiata e contestualizzata.
Ebbene, francamente, mi trovo in disaccordo con tutti. Sicuramente il problema sarà mio, perché sono un uomo limitato e di scarsa cultura specifica, infatti non commercio in metalli o in acciaio ma resto un economista e un sociologo dei consumi.
Per spiegare questo mio non accordo con le tesi espresse da tutti, serve sintetizzare quanto da loro unanimemente dichiarato:
a) se nel primo trimestre di quest’anno per tutti i comparti ci sono stati motivi di soddisfazione, nel secondo la situazione si è ribaltata. Ad esempio nel campo dei tubi saldati e tubolari, da marzo a luglio i prezzi sono scesi di 140-150 euro la tonnellata. Il mercato italiano è in affanno e il consumo apparente è sulla via di una crescente uniformità alla domanda reale. Ciò è anche confermato dal livello molto basso delle scorte detenuto dai commercianti, i quali non comprano per la continua erosione dei prezzi. Spiegato meglio, per quanto riguarda la domanda, i distributori avendo scorte al minino, potrebbero invertire il trend se i prezzi si alzassero.
b) Dal lato dell’offerta c’è la convinzione che l’output debba essere riportato in linea con la domanda. Questo perché la produzione, superando le richieste, obbliga i commerciali a posizionarsi sul mercato con prezzi “da realizzo” compromettendo i margini. La vera preoccupazione di questi mesi dei produttori è quella di lavorare sottocosto.
c) Una schiacciante maggioranza degli operatori ritiene che, con le quotazioni di luglio, si sia raggiunto il massimo livello di depressione, per cui il mercato non può che rimbalzare, confidando nel periodo di “rientro dalle ferie”. Questo significa rinunciare al “luglio vivace” delle passate stagioni. Detto in altri termini, si pensa che i prezzi cresceranno in settembre/ ottobre, anche in considerazione degli eccezionali bassi livelli di riordino dei magazzini dei commercianti.
d) L’andamento delle quotazioni è considerato (giustamente) totalmente sganciato dall’influenza del mercato italiano.
e) E’ in atto una fortissima competizione tra i commercianti, alla luce di alcuni passi mossi dal mondo della produzione, tesi a collocare sul mercato le seconde scelte in accordo con i consumatori.
A queste 5 chiavi di lettura, normalmente inserite in ogni analisi espressa su questo comparto produttivo, la mia posizione si discorda perché:
1) partendo dal punto “e”, il problema non è più rappresentato dai bassi margini con cui lottano i commercianti per restare sul mercato, ma il loro eccessivo numero! Ci sono troppi operatori attivi. A questa categoria, destinata a un ridimensionamento piuttosto brusco, che non è iniziato oggi ma già dal 2009, non resta che vendere, fallire o comprare altri operatori più piccoli, quindi associarsi e in estrema ratio, aderire a un contratto in rete specifico a questo settore (senza illudersi con quest’ultima soluzione d’aver risolto ogni problema). Sarà anche antipatico da scrivere e dichiarare, ma il disagio persiste indipendentemente che lo si nasconda o taccia. Finchè gli operatori non studieranno a livello individuale delle soluzioni, il rischio è che il mercato si pulisca da solo in forme anche spietate.
2) sulla considerazione che i prezzi non sono più soggetti all’influenza dei mercati locali (punto “d”) è difficile non essere in accordo, ma serve una precisazione. La tendenza di fondo con la manifesta crisi dell’euro è quella per un ritorno alla regionalizzazione dei mercati. Se l’euro ha rappresentato un’estensione dei confini europei solo basandosi su aspetti economici, scordandosi la politica, oggi con la crisi greca, spagnola, portoghese, irlandese e in definitiva anche italiana, riporta l’attenzione alla singola nazione rispetto quello che prima veniva acriticamente considerato “spazio UE”. Cosa vuol dire questo? Che bisogna fare i conti con il mercato interno. Quel mercato che ha un 30% di giovani in disoccupazione, i cui consumi non sono pensabili in ascesa. Ecco il motivo per cui sono troppi gli operatori attualmente in attività, nel commercio di metalli e acciai.
3) Sapere che una “schiacciante maggioranza d’operatori” è ottimista e che per settembre/ottobre ritenga che tutto sia finito come un incubo resta memoria quando ci si sveglia, fa tenerezza. Incuriosisce cercare di capire su cosa poggi una così larga certezza, che tutti i problemi si possano risolvere nel corso di una manciata di settimane. Non sono in accordo con una visione asettica del futuro, perché conosco quella nazionale e studio il collasso sociale cinese, temendo quello finanziario statunitense per non parlare dell’area euro. Il lusso d’essere ottimisti o pessimisti passa attraverso la comprensione e studio di questi eventi. Ad esempio. Nella sola Shanghai ci sono da mesi 200mila appartamenti costruiti e sfitti per carenza di domanda, di cui non si conosce chi sia il proprietario. Con questi parametri (oltre la primavera araba) sarà pensabile prevedere una bolla immobiliare in Cina?
4) Riallineare la produzione al consumo? Il problema è più vasto. Il mondo è cambiato, ma non ne conosciamo le regole. La soluzione non è chiudere la produzione in estate, per alzare artificiosamente i prezzi, ma trovare nuovo sistemi di produzione. Qui entra in campo la nuova tecnologia Arvedi in Italia e i tentativi di spegnere gli altoforni come se fossero forni elettrici (vedi l’esperienza che sta sperimentando l’ArcelorMittal) Ne consegue che serve acquisire la capacità di produrre come meno risorse ed energia, più che proseguire a giocare sulla domanda/offerta in termini di prezzo. E’ palese che il nuovo mondo chiede meno acciaio (a meno che non ci sia una guerra) quindi ci sono troppi produttori che operano con tecnologie obsolete.
5) Ultimo passaggio di disaccordo. Il comportamento dei commercianti nella gestione del magazzino non è tanto impostato su strategie di prezzo (anche) per cui se scende non comprano, se sale riordinano, ma l’aver adottato la politica di “acquisto sul venduto” che questa rubrica di LAMIERA professa da anni! Questo vuol dire che i magazzini semivuoti rappresenta un elemento strutturale del nuovo panorama economico indotto da meno lavoro, meno reddito, meno spesa.
Cercando di trarre una conclusione
C’è un punto di fondo che nessuno considera ma è grande come un macigno. Siamo stati travolti dallo stesso meccanismo che abbiamo messo in moto: la globalizzazione. Questo processo era sbagliato all’inizio e ora produce i suoi frutti.
Finchè, come avviene negli USA, le proprietà non riportano in patria le aziende e assumono compatrioti, non si potrà mai avere un equilibrio. Sintetizzando si può liberamente affermare che la delocalizzazione, se produce per il mercato nazionale è un furto ai danni della nostra ricchezza. Alla stregua dell’importazione selvaggia dalla Cina con prezzi non in linea alla nostra cultura del lavoro. Questi sono atti di privazione del benessere per questo paese. Se non va ripensato il modo di fare in voga dal 2000 a oggi, la crisi è destinata a farsi sempre più pesante. I greci forse lo stanno capendo.
Comparto dei laminati mercantili
Non si può parlare di calo drammatico della domanda perchè i quantitativi trattati in luglio sono comunque superiori a quelli degli ultimi due anni, ma è certo che da giugno le quotazioni sono scese di 10 euro la tonnellata e l’offerta è strutturalmente superiore alla domanda.
Come scritto in questo articolo, la soluzione dev’essere strutturale attraverso alleanze, contratti in rete, contrazione delle spese di gestione, posizionamento su altri mercati europei.
Comparto delle travi
I magazzini dei commercianti al minimo, prezzi bassi, eccesso d’offerta con domanda debole. Non c’è da farsi illusioni, servono modifiche strutturali al modo stesso d’intendere il proprio lavoro. In provincia di Vicenza c’è chi ha ripensato l’intera logistica dello spostamento merci, investendo circa 1 milione più un nuovo capannone, per cui oggi vende tecnologia oltre che travi!
Le tendenze del mercato per il minerale, carbon coke e rottami
Il minerale ha già scontato un forte ridimensionamento dall’inizio d’anno, per cui adesso è avviato alla stabilizzazione proseguendo così fino alla fine del 2011. Il carbon coke ha ripreso tono, ma il problema risiede nella capacità cinese di proseguire ai ritmi di produzione come negli ultimi anni, ma su questo aspetto ci sono molti dubbi. Il rottame invece soffre per una decisa tendenza al rialzo.
Billette, tondo, vegella, travi, laminati mercantili
Per le billette c’è da rilevare come sia iniziata la fase di sgonfiamento dei prezzi, in grado di portare a una stabilizzazione piuttosto prolungata, capace di giungere fino alla fine dell’anno in corso. Sul tondo e vegella l’attuale modifica dei prezzi al ribasso potrebbe non proseguire.
Per le travi e i laminati mercantili, il momento è di iper-venduto a cui dovrebbe seguire un rimbalzo, ma questo va letto sempre nel quadro di totale incertezza causato da una domanda strutturalmente debole. Per i piani va annotato come siano scesi a livello di prezzi per cui è credibile una stabilizzazione fino all’autunno.
Lo stato di salute dell’industria siderurgica italiana
In ambito mondiale la produzione nei primi cinque mesi di quest’anno è cresciuta del 7,3% rispetto al pari periodo 2010. Va notato però come il ritmo si stia notevolmente contraendo passando dal 12% di gennaio al 4,2% di maggio.
In Italia, come conferma Federacciai, la crescita nel primo semestre è stata del 9,4% distinguendosi tra: piani cresciuti del 17,6% da gennaio a maggio e lunghi del 7,3% nello stesso asso di tempo.
La capacità produttiva di chi opera con un forno elettrico è oggi attestata al 60-65% il che comporta l’applicazione urgente di varianti, sia al ciclo produttivo, che alle strategie d’acquisto della materia prima. Infatti chi oggi compra giorno per giorno rottame, ad esempio, opera con margini nulli. Sarà invece necessario approvvigionarsi di materia prima, quando i prezzi calano e di non acquistare in una fase d’ascesa dei prezzi. Ciò comporta un diverso movimento finanziario d’impresa e una più acuta selettività tra gli attuali operatori.