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Abbiamo voluto la globalizzazione? ora godiamocela nei suoi difetti

by Giovanni Carlini
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Abbiamo voluto la globalizzazione? ora godiamocela nei suoi difetti. Da 12 anni a questa parte, in ogni angolo del mondo, tutti si sono riempiti la bocca parlando di globalizzazione. Si è confuso il concetto di modernità con quello di globalizzazione.


Abbiamo voluto la globalizzazione? Eccola!
Dal 2000 ci si è stata imposta una scelta. In realtà non abbiamo voluto la globalizzazione. Comunque dal 2008, in forma crescente, stiamo vivendo gli effetti sgradevoli dell’era globalizzata. Si tratta d’ingenui errori che hanno provocato il più drastico calo di benessere in Occidente dal 1945 in poi. Che cosa è accaduto? Diversi studiosi, premiati anche con il premio Nobel, (Joseph E. Stiglitz) hanno progettato un qualcosa di nuovo. Si chiama globalizzazione per sconfiggere la povertà nel mondo. Il ragionamento è semplice.

A) Il povero è tale perchè non ha lavoro. Se avesse lavoro non sarebbe più indigente. E’ stato appositamente dimenticato che la povertà è solitamente frutto d’assetti ideologici. Si pensi all’Islam, al fondamentalismo e al comunismo.

B) Per aiutare il mondo a uscire dalla povertà (farlo consumare) è iniziata la delocalizzazione. L’obiettivo è raggiungere standard di consumo a beneficio del sistema industriale. In pratica si confonde benessere con consumismo. Il che potrebbe anche stare in piedi fino a un certo livello. Ne consegue che si sono chiuse le nostre imprese, in Occidente per lucrare sul differenziale di costo della mano d’opera. La conseguenza non prevista dallo Stiglitz sono quote crescenti di disoccupazione nei paesi occidentali.

C) Non è finita. Alla beffa della disoccupazione si aggiunge una vergogna. Quei prodotti indispensabili al nostro mercato, sono fabbricati dai paesi emergenti. Cessa l’autonomia di base. Anche questo concetto conta perché sorregge il mercato interno. Il riferimento coglie le PMI italiane che hanno in media 2,8 dipendenti.

D) un altro errore è stato di non spingere i paesi poveri a produrre per il mercato interno. Uno dei motivi di collasso per il sistema cinese è la povertà del suo mercato interno. Va precisato quanto l’India sia effettivamente l’unico, tra gli emergenti, a preoccuparsi del suo mercato interno.  Quanto qui elencato rappresenta la base per comprendere le motivazioni del malessere da globalizzazione. Nel caso a questi aspetti si aggiunge la finanza creativa (speculazione) il quadro inizia ad essere completo. Abbiamo voluto la globalizzazione? eccone gli effetti.

Come se ne esce? Qui inizia la parte difficile!

1) se ne esce tassando di più le imprese che hanno delocalizzato per re-importare. Una tassa da danno sociale per disoccupazione prodotta;

2) in pratica se ne esce con il lavoro. Servono dazi a limitazione dell’import da chi non è nell’area UE/Usa.

3) se ne esce con gli investimenti. Vedi crisi del 1929 e il New Deal negli USA nel 1933. Il patto non risolse il problema da carenza di lavoro, ma aiutò, fino all’entrata in guerra. Fu la guerra, vera soluzione al problema. Se questo è vero, quanto dispiace che non sia stato lanciato un piano energetico nucleare nazionale. Oggi molte imprese sarebbero al lavoro!

4) se ne esce anche con una limpidezza culturale. Il riferimento è al concetto di “solidarietà” non condiviso nel Paese. L’attuale sistema d’immigrazione è illegittimo. Manca un referendum nazionale. Il quesito è stabilire quanto questa civiltà vuole essere mischiata con altre razze. Gente spesso illegamente entrate nel paese. Rispetto alla Svizzera dove si vota anche per i giorni di ferie all’anno, noi non riusciamo a dichiararci. Chi ha voluto 5 milioni di ospiti in questa Nazione? 

Su questo argomento è stato interessato l’attuale Presidente della Repubblica. L’On. Napolitano ha risposto: sono i tempi che impongono la mescolanda tra razze. Però sulla necessità di un voto popolare, resta il silenzio.

La crisi è anche espressione di uno sbandamento etico complessivo. Abbiamo perso l’identificazione tra “noi e loro”, mischiando tutto, non capendo nulla. Questo aspetto merita un confronto con il metodo statunitense. Un metodo che “vuole” nuovi cittadini a differenza di quello italiano. In America non si è immigrati ma americani. Americani non si nasce si diventa!

Abbiamo voluto la globalizzazione?

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