Questa testimonianza di una mamma, affetta dal Parkinson, merita d’essere riproposta a tutto il mondo.
Si tratta di una signora che incarna perfettamente il concetto di prigioniero da Parkinson.
Tra le molte testimonianze che pervengono mezzo email, chat e a voce, da ex malati di Parkinson, oggi decisamente classificabili nella condizione del prigioniero da Parkinson ovvero persone “militarmente” organizzate per una risposta ragionata al morbo che le renda vive e creative, c’una anche una signora che è mamma, moglie e donna. Per la semplicità e intensità che offre nella sua esperienza merita un ragionamento:
PASSO 1: la figlia rientra a casa con un volo e la mamma afferma: vorrei venirti a prendere all’aeroporto ma tremo tutta. La figlia risponde: NON HA IMPORTANZA TU SEI LA MIA MAMMA.
PASSO 2: la signora afferma che la sua famiglia con un’altra coppia, si stanno organizzando per vivere in una comunità – condominio dove la solidarietà e l’amicizia tra di loro sia conclamata, viva e reale.
PASSO 3: riconosce che la fisicità di coppia è stata tralasciata e merita d’essere ripresa in considerazione, nonostante il grande ostacolo del sudore che non rende estetico il contatto.
Mamma mia che bello mediare e studiare con attenzione questi passaggi di vita vissuta!
In questi primi 2 passi (ce ne sono altri che verranno successivamente esaminati in altri articoli provenienti da diversi contatti) c’è la sintesi della TEORIA SOCIOLOGICA AL PARKINSON applicata in ambito di prigioniero da Parkinson.
Il prigioniero da Parkinson è una persona socialmente motivata, che la smette di vergognarsi d’essere malata ed EDUCA gli altri ai proprio bisogni! In questa azione è raccolta la sintesi della tesi sociologica.
Veniamo al passo 3. Il prigioniero da Parkinson sa riscoprire la fisicità come primordiale mezzo di comunicazione. Mentre le parole e il concetto intellettuale va elaborato e riconosciuto, il corpo trasmette un linguaggio primario, quello che tutti comprendono. Nel momento in cui si dovesse far largo uso di fisicità (non di sessualità che potrebbe essere una conseguenza ma non qui presa in considerazione) si aprono nella comunicazione dei contatti o si riaccendono dei livelli di comprensione, che solitamente sono ostruiti/chiusi/dimenticati/ridotti/inadeguati.
Il prigioniero da Parkinson è cosciente di questa necessità fisica comunicativa e in caso di tremore ricerca o ricorda con intensità quel contatto fisico con l’affetto di riconoscimento basilare, affinché si plachi il tremore. Sulla barriera del sudore (segnalata da molti) si prega di considerare l’idea di fare la doccia insieme al partner e di sudare insieme, passando da uno stadio estetico a uno sostanziale. Ecco che torna in auge il concetto di EDUCARE IL PARTNER ALLE NUOVE ESIGENZE di cui ampiamente si è parlato nella teoria sociologica al Parkinson in ambito di prassi e strategia del prigioniero da Parkinson.
Ovviamente un cosiddetto libro bianco sul Parkinson, che non affronta questi aspetti terribilmente pratici e concreti, a cosa serve pur sapendo che costa tra i 200 e i 250mila euro?
Buon lavoro – Giovanni Carlini, ricercatore.