Parlando con un intellettuale sul mondo del Parkinson italiano, emerge un quadro desolante dove il prigioniero da Parkinson o malato che sia, è sostanzialmente abbandonato.
Che l’associato sia abbandonato potrebbe anche essere comprensibile se stessimo parlando, ad esempio, di viaggi o come dopolavoro ferroviario.
Quando c’è di mezzo la sofferenza delle persone, quelle stesse condannate e morte (non per il Parkinson ma per le sue conseguenze) allora il quadro cambia completamente.
Non si riesce a comprendere il senso e l’esistenza stessa di così tante associazioni di Parkinson in Italia.
Un intellettuale mi invita nella sua città per fare il punto della situazione sul mondo del Parkinson italiano, sotto il punto di vista delle più sigle presenti. L’argomento mi attrae perchè sociologicamente rilevante. In questo modo è possibile comprendere perchè ci siano molti malati di Parkinson (gente rassegnata) anziché persone nella condizione del prigioniero da Parkinson (militarizzati e desiderosi di reagire al morbo come da queste colonne più volte descritto).
Il dialogo avviene in un forte, collocato su un’isola, non più in uso come caserma, dove credo d’esserci passato nel 1979. Questa coincidenza mi è molto gradita. Ecco il dialogo come si è sviluppato:
Domanda: grazie per avermi dedicato del tempo e per avermi invitato in questo meraviglioso contesto. Posso chiederLe perchè nel mondo del Parkinson italiano sono tutti contro di me solo per aver espresso delle idee?
Intellettuale: grazie Professore per aver accettato il mio invito. Perché sono tutti schierati contro di Lei? ma è semplice! se La dovessero accettare si dovrebbero misurare con le sue idee e si smaschererebbero perchè privi di pensiero originale. Non possono assolutamente accettarla in nessun modo. Credo che per Lei in Italia non ci siano spazi, a meno che qualche illuminato non si svegli dal suo sonno e questo non è assurdo o impossibile. Anzi in realtà ci conto. Un nome importante potrebbe stancarsi di questo tiro al bersaglio contro di Lei e fare la differenza. In un mondo dove lei, professore scrive che le imprese in Italia servono per pagare gli stipendi ai proprietari anziché imporsi come prodotto, idee e cultura d’impresa, perchè si scandalizza se da noi nel Parkinson le varie sigle, sotto sigle, nomi, associazioni e quant’altro sono troppo modeste per creare pensiero?
Domanda: si mi scandalizzo perchè stiamo parlando di dolore umano, sofferenza e solitudine. Nel caso delle aziende la mia critica è forte, ma si rivolge ai vivi, nel Parkinson la posta in gioco è talmente alta, che coinvolge la vita per quella che resta e la sua qualità. Sulla vita, intesa come esistenza, non è possibile scherzare. Che si sia malati (gente rassegnata) oppure fiere persone nella condizione del prigioniero da Parkinson, l’associazionismo dovrebbe assumere posizioni di militanza e reazione sociale organizzando una mentalità di reazione al morbo cosa che invece non avviene. Leggo di messaggi che compaiono a cascata (ripetizione impressionante) sia di cordialità che concettuali, ma che non coinvolgono l’utenza, al massimo informano. Manca, ad esempio, una check list telefonica che chiami e inviti alla partecipazione, è assente la stessa mentalità di coinvolgimento delle persone nel gruppo e sopratutto non si capisce quale sia il carisma (specializzazione) di un gruppo rispetto agli altri.
Intellettuale: Lei è veramente fuori dagli schemi (matto) però piace ed è simpatico, anche se nessuno glielo riconosce, però lo pensano tutti. Deve sapere che i gruppi o sotto gruppi come le associazioni, sono nate per litigio tra di loro, per cui sono stati formati dei clan che nulla hanno di concettuale o di “produzione del pensiero” come lei afferma. In questi gruppetti le donne sono il trofeo su cui esercitare una sorta di gelosia.
Domanda: stiamo parlando di puro maschilismo?
Intellettuale: magari fosse maschilismo! avremmo uomini veri. In realtà tutto è molto più sfumato (troppo) con gelosie incrociate su oggettiva inconsistenza. Nulla di concreto di cui preoccuparsi o farci conto.
Domanda: insomma dovrebbe esserci per ogni organizzazione un senso e un valore: cosa apporta nel mondo del Parkinson l’associazione “x”? in base a questa “firma” l’utenza potrebbe così scegliere come aderire e partecipare rendendo concreta la teoria sociologia per il Parkinson più volte qui descritta a favore del prigioniero da Parkinson.
Intellettuale: fantascientifico al momento! non siamo organizzati in questo modo e non abbiamo le teste pensanti per farlo, per questo nessuno ti vuole qui (al momento).