1914: commento al libro della Margaret Mac Millan
di Giovanni Carlini
Considerazioni generali
Ho letto 3 volte questo libro nel corso del 2014 e il motivo risiede nel bisogno di rendere onore e rispetto ai caduti, feriti e dispersi nel corso della Prima guerra mondiale a 100 anni dal suo scoppio.
L’autrice, la Signora Margaret Mac Millan, studiosa canadese, ha svolto un grande lavoro e scritto un’opera di sicuro interesse, commettendo però degli errori molto importanti e imperdonabili:
- ha completamente trascurato l’Italia, cui dedica in tutto 7-8 pagine sulle 712 del testo. E’ possibile che questa scelta sia dovuta a un’effettiva e relativa minore importanza sulle cause dello scoppio del conflitto rispetto la percezione nazionale (italiana), resta un fatto però che ogni parola spesa sull’Italia, da parte della Signora Mac Millan è sia offensiva che acida verso gli italiani;
- l’autore soffre, inoltre, di un atteggiamento d’aperto razzismo verso chi ha creduto nella guerra come una possibile soluzione di transito dal vecchio al nuovo mondo. In quest’azione di denigrazione, esalta ovviamente il pacifismo, che si è rivelato assolutamente ininfluente sulle vicende che hanno condotto comunque allo scoppio del primo conflitto mondiale;
- infine, calca esageratamente sull’omosessualità, come se quest’argomento fosse significativo ai fini della vicenda del 1914. Indubbiamente la Signora Mac Millan è alla ricerca di temi che per quanto marginali o addirittura fuori testo, possano darle comunque audience. Peccato, perché in un’opera così vasta, non ce ne sarebbe stato alcun bisogno.
Nonostante questi difetti il lavoro di ricerca merita la lettura e meditazione pur considerandolo inadeguato e incompleto. In effetti, avvicinandosi al libro, la sensazione era quella di poter apprezzare la riedizione del famoso testo della Signora Barbara Wertheim Tuchman: I cannoni d’agosto, storia e preludio dei primi mesi della prima guerra mondiale, per il quale vinse il prestigioso Premio Pulitzer nel 1963. Non solo, il libro della Tuchman fu anche donato, dall’allora Presidente John Fitzgerald Kennedy al premier sovietico, Nikita Chruscev, all’indomani della crisi dei missili di Cuba a titolo di monito “affinchè non accada più”.
L’invito di Kennedy ai russi, nel 1962 fu semplice a complesso allo stesso tempo: come nel 1914 i politici non seppero gestire la crisi, lasciandosi trascinare dai militari, così non deve più accadere perché il potere politico, eletto democraticamente dal popolo, deve saper mantenere la responsabilità della guida della Nazione, senza delegare a chi ha una visione limitata e parziale della vicenda. Ecco che così si delinea meglio la grande lezione all’umanità del 1914, posta in luce con magnifica semplicità e accuratezza dalla Signora, giornalista e autodidatta in storia, Barbara Tuchman. Con questo sapore in bocca, accostandosi all’opera della Mac Millan, cercando la replica e rilancio del lavoro della Tuchman, si rischia di rimanere delusi nonostante, come già detto, sia saggio meditare anche questo grande lavoro.
Commento, pagina per pagina al libro 1914 – Come la luce si spense sul mondo di ieri
Pagina 15: i fatti di LOVIANO in Belgio, un paese incendiato gratuitamente e senza apparente motivo dall’esercito tedesco: l’odore acre del fumo ammorbava l’aria..(agosto 1914)
Pagina 16: le previsioni d’avanzata tedesca in esecuzione del piano Schlieffen, si rivelano del tutto erronee, soprattutto nell’attraversamento del Belgio, che tra l’altro, godeva di una neutralità che lo Stato maggiore tedesco ha voluto calpestare, benchè già firmata e ratificata dai Governi di tutta Europa, compreso quello di Germania. Un errore di questo tipo (mancata coordinazione tra diplomatici e militari a causa di un gabinetto di governo debole) ha spinto la Gran Bretagna a entrare in guerra contro la Germania. In realtà i diplomatici tedeschi informarono lo Stato Maggiore sui trattati che sancivano la neutralità belga, ma non vollero “disturbare” ulteriormente il lavoro di organizzazione alla guerra, degli strateghi militari rivelando così un netto problema di soggezione;
Pagina 17: le prime grandi vittime della 1° guerra mondiale sono il centro abitato di Loviano, la cattedrale di Reims, il mercato dei tessuti di Ypres e successivamente s’aggiungerà anche il centro storico di Treviso. Tutte località che lo storico militare John Keegan, nel suo libro “La prima guerra mondiale”, preciserà che sono state integralmente ricostruite, senza con questo arrecare danno alla civiltà, definendo quel conflitto, a differenza con il secondo, una guerra sorprendentemente corretta (a pagina 16 del suo libro)
Pagina 17 – ancora: morirono 9 milioni di maschi, prevalentemente occidentali, a cui si aggiunsero 15 milioni di feriti per un totale di 24 milioni di persone toccate dal conflitto in maniera profonda. A questo vanno aggiunti anche 20 milioni di morti, al termine del conflitto, per l’epidemia di febbre spagnola. Si sta parlando di 44 milioni di persone! Mai nella storia dell’umanità (cifre che saranno superate nel secondo conflitto) le perdite sono state così profonde, vaste, incisive! Infatti l’Europa perderà il suo ruolo egemone nel mondo;
Pagina 18: l’autrice parla di:
- distruzione senza senso;
- a cui seguì la pace o qualcosa che gli assomigliava;
- scomparvero 4 imperi; (Russo, Ottomano, Austro-Ungarico e Tedesco)
- ci fu il preludio, sulla scena mondiale degli Stati Uniti e Giappone;
- in particolare si pare il cosiddetto secolo americano;
- unendo i 2 conflitti mondiali si può parlare di grande guerra dei 30 anni;
- in termini sociologici ci fu un’esplosione di letteratura autobiografica, come mai nella storia dell’umanità;
Pagina 20: com’ è possibile che sia accaduto tutto questo?
CAUSE PRINCIPALI ALLO SCOPPIO DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE
- una diffusa necessità, da parte di tutti gli Stati europei per una politica imperiale che rispondesse alla nuova formula sociologica di partecipazione alla vita della Nazione, ovvero il nazionalismo che in questa prima fase d’affermazione storica si presenta come alternativo agli altri popoli, in pratica si può essere nazionalisti se in contrasto con altre culture (su questo aspetto, causa la sua importanza, ci si ritornerà molte volte)
- nazionalismo e politica imperiale portano naturalmente al bisogno di colonie, quindi la corsa per “un posto al sole”;
- dal bisogno di colonie nasce la necessità di una marina militare e di un esercito adeguato, quindi scatta la corsa al riarmo che nel caso delle “leggi navali” specie in Germania e in Inghilterra peserà non poco sulle finanze pubbliche e la stabilità sociale. Più precisamente mentre in Germania le 4 leggi navali sottraggono fondi all’esercito, determinandone la definitiva sconfitta nel conflitto del 1914-1918, in Gran Bretagna seguono gravissimi scontri sociali che inizialmente distraggono il Paese dai fatti europei, (scioperi dei minatori e voglia di secessione irlandese);
- il riarmo e il bisogno di colonie, introduce alla rivalità economica verso le altre nazioni, senza dimenticare che il nazionalismo d’inizio secolo è di natura ostile, come già accennato, anziché di solo orgoglio nazionale. La stessa rivalità economia sfocia nelle guerre commerciali che non sono ancora di natura militare, ma “preparano il terreno” in termini di psicologia sociale;
- va sempre ricordato però, come il mondo degli affari in generale e quello anglo-tedesco in particolare, siano stati più che legati tra di loro, anzi profondamente integrati. E’ famoso, in quel periodo, 1913 un libro di Angell “La grande illusione” dove si conferma che se mai dovesse esserci uno scontro militare in Europa, non potrebbe durare che poche settimane, perché il bisogno di affari non consentirebbe uno spreco di risorse più prolungato. In effetti è corretto pensare che la guerra del 1914 non tragga spunto da reali motivazioni economiche ma al contrario da una necessità imperiale, espressa soprattutto dagli ambienti militari. Ecco che agli albori della democrazia l’apparato militare, soprattutto quello tedesco, non è espressione della Nazione, ma una realtà a sé stante, in grado di seguire una sua logica. Su quest’aspetto, un ufficiale tedesco dichiarò: ogni stato si dota di un esercito, ma in Germania è l’esercito che si è dotato di uno Stato;
- i piani militari e gli Stati Maggiori hanno scoperto la potenzialità della ferrovia per la conduzione delle compagne di guerra. Restano così “incastrati” in una rigidità che non hanno mai avuto nel passato, sia perché devono adattarsi all’orario dei treni, che nella mole di uomini coinvolti. Nascono i grandi eserciti, quelli di massa, per dare un senso nazionale alla Nazione (nazionalizzazione delle masse, come direbbe Mosse)
CAUSE SECONDARIE MA NON MENO IMPORTANTI PER LO SCOPPIO DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE IN EUROPA
- è già stato citato il nazionalismo ma mai abbastanza descritto. Si tratta di un nazionalismo di natura ostile, che coinvolge sia gli imperi tra loro, che soprattutto all’interno con effetti spesso paralizzanti nella gestione di governo. Si sta parlando non solo dell’Impero Ottomano, votato alla morte per aver inglobato in sé troppe nazionalità, ma anche quello Austro Ungherese, già paralizzato tra le due etnie a cui si aggiunge, in forma deflagrante, la componente slava. E’ come se la partecipazione alla nuova dimensione statale, sia riconosciuta che ancora latente (il riferimento è alla Polonia, la Serbia, il Montenegro, l’Albania) inducesse le persone a “impazzire”. In realtà ciò che mancò completamente fu l’educazione alle masse, da parte del Governo, comunque introdotte nella vita sociale, alla meno peggio, ma non formate per una sana convivenza tra loro e con le altre culture;
- c’era un’importante paura, da parte delle nascenti classi medie e borghesi, di perdere il benessere acquisito;
- s’aggiungeva nelle classi medie, borghesi, nobiliari e di corte, la paura della rivoluzione sociale del proletariato;
- in tutti, comunque, a diverso titolo, covava la speranza di un cambiamento della società;
- il mito dell’onore e della virilità;
- il darwinismo sociale;
- le ambizioni della nazioni emergenti come la Germania e il Giappone;
- le inquietudini di un impero alla fine: la Gran Bretagna;
- la sete di vendetta della Francia verso la Germania, dopo i fatti del 1870, ma anche della Russia verso la Duplice monarchia;
- i fenomeni disgreganti dell’Impero austriaco, già accennati, a causa del nazionalismo slavo;
- un movimento d’opinione e un femminismo isterico;
- il conflitto tra classi sociali;
- il confronto tra clericali e anticlericali, per la questione romana non ancora risolta;
- il confronto tra militari e civili;
- il bisogno d’indipendenza per polacchi, bosniaci e slavi in generale e non ultimi gli italiani;
- l’assenza di grandi leader a cui far riferimento su scala continentale.
Sono le ragioni per le quali la guerra non poteva non scoppiare. Questo non lo scrive l’autrice ma emerge da sé. Sicuramente l’Europa ha ritenuto, in quell’agosto del 1914, la guerra più credibile della pace, rosa dall’impazienza di riequilibrare le proprie debolezze e forze.
Pagina 33: il 14 aprile 1900 si apre l’Esposizione universale di Parigi quale primo grande evento di massa mondiale. Emerge, in quelli anni e all’Expo, con incredibile forza e impatto, l’art nouveau come energia di contestazione e rottura con il passato. Questo bisogno di “nuovo”, particolarmente sentito nelle avanguardie culturali e artistiche, inequivocabilmente, spinge verso il conflitto. L’autrice, non specificatamente su questo tema artistico, afferma a pagina 56: Con il senno di poi è facile decifrare i segni premonitori che già nei mesi dell’Esposizione di Parigi parlavano di una civiltà europea percorsa da tensioni distruttive.
Pagina 37: l’Expo di Parigi è ovviamente organizzato dai francesi per accogliere tutto il mondo (in realtà solo 40 nazioni e prevalentemente europee, più Usa, Sud America e qualche altro) ma viene anche impostato come rivalsa sui tedeschi, con cui c’è un contenzioso aperto dal 1870 e crescente. Certamente i 50milioni di visitatori dopo aver visto l’esposizione, non possono avere dubbi sulla superiorità dell’Occidente sul resto del mondo. L’autore scrive: L’Esposizione del 1900 era una degna apoteosi per un secolo iniziato tra rivoluzioni e guerre napoleoniche, trasformatosi in un’era di progresso, pace e prosperità. (…) gli europei avrebbero fatto meglio a seguire con maggiore attenzione la Guerra civile americana, che non solo si era protratta per quattro lunghi anni, ma aveva mostrato che la tecnologia moderna, l’umile filo spinato e le vanghe stavano spostando il baricentro strategico verso una guerra non più d’attacco, ma di difesa. Tutto ciò però non fu studiato e neppure capito, insistendo sulla guerra offensiva incurante dei progressi della tecnologia.
Pagine 40 e 41: cresce la popolazione in Europa (+25%) dopo aver comunque subito un’emigrazione nel mondo di ben 25 milioni di persone. Il fatto nuovo è la CULTURA, più viva che mai, capace di trasformare dei provinciali in cittadini;
Pagina 42: il 1914 è l’anno in cui gli eserciti si trasformano in eserciti di coscrizione per accogliere la nuova necessità statale di nazionalizzazione delle masse;
Pagina 43: lo sviluppo delle ferrovie è impressionante negli ultimi 50 anni. Più specificatamente se nel 1850 erano in attività in Europa solo 22.000 km di strade ferrate, nel 1900 salgono a 300mila km di ferrovia con un chiaro intento anche militare, oltre che solo commerciale. Infatti, dopo 50 milioni di visitatori all’Expo di Parigi nel 1900, inizia il concetto di TURISMO. L’Expo è stato un evento importante anche per una novità di grande prestigio: è arrivata l’elettricità. Non finisce qui. La produzione di massa, ormai nel 1914, ha decisamente abbattuto i prezzi di produzione, consentendo, a vasti strati della popolazione, di poter accedere a quello che solo pochi anni prima era un lusso;
Pagina 45: siamo nell’età dell’oro del concetto stesso di sicurezza sociale. Tutto era in sviluppo e il livello tecnologico in costante evoluzione sotto gli occhi di tutti. I risparmi sono ben custoditi e tramandati da una generazione all’altra, con teutonica certezza. La sicurezza di vivere meglio e bene nel futuro era granitica.
Pagina 47: L’autore scrive: Nel 1800, prima che il divario diventasse così estremo, l’Europa controllava il 35% circa del globo. Nel 1914 la percentuale era salita all’84%.
Pagina 49: L’autore scrive: Se nei primi decenni del XIX° secolo la Gran Bretagna era stata la nazione simbolo della prima rivoluzione industriale fondata sul carbone, sul vapore e sul ferro, a fine secolo, forti di una rete elettrica all’avanguardia e di un potenziale di sviluppo tecnologico apparentemente illimitato, gli Stati Uniti avevano preso la testa della seconda.
Pagina 50: L’autore scrive: La dottrina del “destino manifesto” degli Stati Uniti godeva di ampio consenso tra gli uomini d’affari impazienti di conquistare nuovi mercati. (..) Gli Stati Uniti non consideravano imperialistica l’espansione della loro sfera d’influenza (gli imperialisti erano gli europei) ma non per questo rinunciarono (..) Naturalmente l’Esposizione di Parigi del 1900 era solo una pallida copia della Fiera mondiale di Chicago del 1893.
Pagina 51: L’autore scrive: Quando nel 1898 gli Stati Uniti strapparono alla Spagna, Cuba e Portorico, la Gran Bretagna non mosse un dito. Più tardi le autorità inglesi rinunciarono a cofinanziare il canale che avrebbe tagliato l’istmo di Panama e rimpatriarono la Flotta dei Caraibi, riconoscendo implicitamente l’egemonia degli Stati Uniti su quelle acque.
Pagina 52: L’autore scrive: Roosevelt, nel 1900 viveva d’ambizioni, idealismo e vanita. “Mio padre ha sempre voluto essere il morto a ogni funerale, la sposa a ogni matrimonio, il neonato a ogni battesimo” avrebbe ricordato la figlia. (..) Nel settembre del 1900, alla morte del Presidente William McKinley, ucciso da un anarchico, Roosevelt fu eletto presidente.
Pagina 53: La beata spensieratezza dei primi anni del 1900 era frutto di un lavoro di concertazione in ambito di cosiddetto “Concerto Europeo”, ovvero a un accordo tra potenze europee che seppe mantenere la pace per un secolo: dal Congresso di Vienna (1815) al 1914.
Pagina 54: nota all’autore scritta e pensata da me stesso. Il limite di questo testo è anche quello di non essere capace di considerare la guerra come un evento maturo e a volte necessario nella storia dell’umanità. Al contrario, l’autrice si schiera acriticamente contro l’idea stessa di scontro militare. Grazie a questa mentalità, Hitler non fu fermato nel 1938.
Pagina 57: s’accenna qui all’alleanza franco-russa già firmata al 1894 e successivamente confermata nel corso degli anni, pur tra tutti gli attriti che possono esserci tra una repubblica (la Francia) e un regime autoritario. Quest’alleanza prende un grande spazio nel libro 1914, perché la Russia era prima alleata con la Germania, poi, decaduto l’accordo dei 3 Imperatori (Austria-Germania-Russia) inteso come blocco reazionario alle istanze liberali della modernità, la Russia ha accettato i capitali francesi per assicurare i suoi sforzi per modernizzarsi. Avrebbe potuto chiedere e accettare anche quelli della Germania ma così non avvenne.
A sua volta, la Germania, stupidamente, nello sfortunato cambio di gestione da Bismarck a Caprivi, benchè ne proseguisse le guida e gli insegnamenti, non ha saputo guardare oltre la “punta del suo naso”, lasciando cadere il rinnovo del patto “dei 3 imperatori”. Oggettivamente la Russia sarebbe stata molto più integrata con la Germania e l’Austria, ma gli errori vengono pur commessi!
Dispiace il modo come Bismarck sia stato congedato dall’imperatore Guglielmo II (pura invidia e gelosia). Guglielmo II sarà l’ultimo imperatore di Germania e anche uno dei più modesti regnanti nella storia moderna di questo paese, la cui azione non brillante non è stata mitigata da alcuna personalità di governo. Ecco quando si dice che mancano leader.
In merito alla Gran Bretagna ci sono diverse considerazioni da fare:
- dal 1899 aveva lanciato una campagna militare contro due piccoli stati Afrikaaner in Sud Africa impanandosi nella Guerra Boera, in pieno sviluppo ancora nel 1900. Per comprendere meglio le dimensioni del problema inglese in Sud Africa, è corretto il confronto con gli Stati Uniti in Vietnam o dell’Unione Sovietica in Afghanistan;
- oltre al disastro militare inglese e all’immagine della Nazione sporcata dalle atrocità commesse (nascono i campi di concentramento) la Gran Bretagna ancora non sente il bisogno d’allearsi con alcuno, restando nel suo “splendido isolamento”. Su questo tema ci sarà ancor più da dibattere rispetto al patto tra la Russia e la Francia, perché l’ambivalenza della posizione britannica, consumata fino al “giorno dopo” dell’invasione tedesca in Francia, ha messo in difficoltà la Germania, che ha così sbagliato le sue previsioni (invasione del Belgio e sottostima della capacità di battersi degli inglesi). Non si vuole qui dare “la colpa” agli inglesi, relativamente agli errori tedeschi, ma certamente l’incertezza britannica ha creato non pochi problemi ai francesi stessi. Su questo tema il libro 1914 è particolarmente ricco di particolari, portando un’interessante ansia nel lettore;
Pagina 60: splendid isolation. Nel 1897 si festeggia, in Gran Bretagna, il Giubileo di Diamante con uno sfarzo “totale e assoluto”. Sono i festeggiamenti per i 60 anni di regno della Regina Vittoria. Nulla lascia pensare a quanto si sta per preparare solo 17 anni dopo. Il primo ministro era Lord Salisbury.
Pagina 67: il patrimonio in ricchezza delle famiglie britanniche tra il 1900 e il 1914 era se non pari, forse superiore a quello di tutte le altre famiglie europee messe insieme, che sono da considerarsi in numero decisamente superiore a quelle inglesi!
Pagina 68: ecco che si apre adesso una riflessione mai veramente meditata a fondo: successivo al 1900 si apre un dramma senza precedenti nelle ricche famiglie europee basate sulla ricchezza fondiaria. E’ lo sfascio causato dai bassi prezzi dei prodotti agricoli provenienti dal Sud e dal Nord America, che mette sul lastrico tutti: contadini e proprietari.
Da quest’ondata di nuova povertà nasce l’urbanesimo europeo, portando con sé una forte dose di astio e sofferenza, che contribuirà al mito della rivoluzione e a una vena di nervosismo sociale strisciante, che vedrà nella guerra un’occasione di riscatto. L’autrice non affronta questo tema in forma esaustiva, ma getta le fondamenta per uno sviluppo di questo tipo;
Pagine 71-73: Queste pagine sono dedicate alla Gran Bretagna e al suo Capo di gabinetto, Lord Cecil Salisbury. Si aprono molte considerazioni:
a) come in quell’epoca nelle scienze sociali era molto ricercata e di moda una “teoria generale” che tutto sapesse spiegare in forme eleganti e chiare, anche in politica si ricercavano dei grandi teoremi che sapessero raccogliere tutte le esigenze. La formula “splendido isolamento” traduce in politica questo bisogno. Resta il fatto però che negli anni a cavallo tra il 1900 e il 1914, questa “teoria generale della politica” ha rivelato tutti i suoi limiti fino a essere cancellata a operazioni militari iniziate sul continente, nell’agosto 1914. Ovviamente la scelta di rompere questo mistico isolamento è stata sofferta e maturata e l’uomo cerniera tra due le ere, pur cedendo l’incarico nel 1900 e successivamente rientrato in politica, è stato Lord Cecil Salisbury;
b) c’è da approfondire il concetto d’espansione dispersiva in base alla quale si è scoperto come l’Impero britannico non sia difendibile perché troppo esteso. In base a questo ragionamento quale tipo di marina o di esercito sarebbe servito all’Inghilterra? Ecco i grandi temi del governo Salisbury, alla luce anche della competizione navale tedesca, che premeva non poco sugli equilibri inglesi imponendo importanti spese a bilancio per mantenere il primato della Royal Navy nel mondo;
c) un importante esempio negativo d’ESPANSIONE DISPERSIVA, era offerto alla Gran Bretagna dall’Impero Ottomano, vittima di se stesso;
Pagina 77: L’autore scrive un passo molto bello per comprendere la posizione “ibrida” degli Stati Uniti in quel periodo: La Cina, pressoché indifesa, era una preda quasi irresistibile. La tentazione aveva contagiato perfino gli Stati Uniti, che pure erano tradizionalmente ostili all’imperialismo. Grover Cleveland, presidente negli anni ottanta e per un successivo mandato dal 1893 al 1897, nonché principale avversario degli aspiranti colonialisti americani, è rimasto celebre per il suo discorso d’insediamento: gli Stati Uniti sarebbero rimasti fedeli alle loro origini rivoluzionarie e non avrebbero esteso le loro mire ad altri continenti. Eppure gli Stati Uniti si preparavano già a intervenire nel “cortile di casa”, cioè nei Caraibi e per un certo periodo avrebbero occupato le Filippine, le Hawaii e Portorico. In materia di Cina, il governo americano era convinto che l’unica linea corretta fosse una politica della “porta aperta”: invece di suddividere il Paese in regioni d’influenza esclusiva bisognava garantire a tutte le nazioni il diritto di operare in Cina.
Si conclama così la Dottrina Monroe, in pratica un discorso fumoso, per intimare le altre nazioni nel restare fuori dagli interessi americani (l’area identificabile come “cortile di casa”) sottolineando quanto l’America non sia imperialista, pur di fatto ricalcando le orme del già fatto e visto;
Pagina da 79 a 86 : per Salisbury era importante e strategico concentrare le forze alla difesa dell’impero, per cui lasciò correre sul Venezuela come ingerenza statunitense nel 1899 e sul Madagascar, quando la Francia lo annetté nel 1896. Questo modo di fare costrinse però Salisbury alle dimissioni dal doppio incarico di primo ministro e capo del dicastero agli esteri, nella primavera del 1900. Subentrò il nipote, Arthur Balfour e un altro politico, Joseph Chamberlain; a questo punto cambiarono molte cose. Coscienti che lo splendido isolazionismo non fosse più attuale e negli interessi della Gran Bretagna il problema era: con chi trovare un accordo politico e strategico? Con la Francia era in corso una polemica di lungo periodo in Africa, con la Russia altrettanto in Asia. Si pensò alla Germania, in quanto fino ad allora i rapporti tra i due stati erano stati piuttosto distesi. Salisbury non fu in accordo su questo, ma si tentò un avvicinamento verso i tedeschi valutando l’idea, nel 1901, d’entrare nella Triplice Alleanza (Italia, Austria e Germania).
E qui accade un qualcosa che la storia non potrà mai spiegare: LA STUPIDITA’.
La Germania, nei suoi ottusi vertici era convinta che fosse l’Inghilterra ad aver bisogno dei tedeschi e non il contrario. In effetti, oltre al decesso della Regina Vittoria nel 1901, la Gran Bretagna aveva sporcato la sua immagine pubblica in quel “Vietnam” che la Guerra Boera aveva rappresentato già scoppiata nell’ottobre 1899. Sul testo è così scritto: Leo Amery, report sul campo per il Times, scrisse a proposito della disfatta di Spion Kop: Nessuno, prima di dare battaglia, si era preoccupato di studiare la conformazione della posizione da occupare, e se qualcuno aveva provveduto a eseguire rileivi, il comando era rimasto all’oscuro di tutto. Indubbiamente l’esercito di Sua Maestà subì, dopo quella campagna, una profonda riforma.
Anche in Cina la Gran Bretagna era in svantaggio. Nel 1897 la Germania aveva ottenuto, sempre in Cina, il controllo del porto di Tianjin e la costruzione di una ferrovia nella penisola dello Shandong, mossa che aveva provocato “una zuffa” per il controllo della Cina da parte di tutte le altre Nazioni colonialiste. L’autore scrive: era ormai evidente che la Germania non era affatto intenzionata a mettere a repentaglio la propria posizione in Europa per sostenere gli interessi coloniali britannici. Lord Lansdowne, subentrato a Salisbury agli esteri, tentò ancora d’aprire un dialogo con la Germania, ma senza molta convinzione. A un certo punto Chamberlain, in un discorso pubblico, discolpando i soldati inglesi dall’accusa di trattare con disumanità i boeri, disse che anche i tedeschi, nella guerra franco-prussiana avevano le loro colpe. Non l’avesse mai detto! La Germania insorse pretendendo scuse ufficiali. In un’epoca in cui l’opinione pubblica aveva assunto un’importanza e peso sproporzionato (nessuno aveva gli strumenti per poterla gestire adeguatamente) l’isteria prese il sopravvento, sia in Inghilterra che in Germania. La conclusione fu che gli inglesi si sganciarono dai tedeschi e si rivolsero ai giapponesi per un’alleanza strategica con l’obiettivo di contenere la Russia (nelle sue mire verso l’India) e ricevere aiuto in Cina. Una grande occasione in Europa, l’ipotesi di accordo anglo-tedesco sfumò per colpa della stupidità e il grande isolamento britannico, almeno formalmente, era stato rotto, pur restando, l’isola inglese ancora mentalmente e politicamente isolata dal Continente. Il 30 gennaio 1901 venne firmato l’accordo Anglo-nipponico.
Pagine 90-145: GUAI A TE PAESE CHE HAI UN RE RAGAZZINO. Il terzo e il quarto capitolo del libro 1914 si concentra sulla Germania, all’indomani del tragico allontanamento di Bismarck (marzo 1900) per sola gelosia da parte dell’Imperatore verso uno statista, che in effetti si muoveva secondo delle logiche sue e non concertate, anche per un’eccessiva modestia intellettiva e d’immaginazione degli interlocutori esistenti all’epoca. Il problema deriva dal cambio di vertice nella casa regnante nel 1888, tra Guglielmo 1° che ha unificato la Prussia alla Germania, con Guglielmo 2°, nato nel 1859 e considerabile un incapace. Può uno stupido regnare? In effetti è quanto accaduto. L’autore non si esprime in termini così crudi, ma introduce a un giudizio molto severo verso il soggetto, quel Kaiser che porterà la Germania alla prima guerra mondiale nel 1914, Guglielmo 2°.
Il primo passo di un Re stupido e sofferente di gelosie fu appunto, due anni dopo l’ascesa al trono, aver costretto Bismarck a cedere la funzione e ruolo a figure di mezza tacca e valore. Ecco una caratteristica dei deboli: circondarsi di figure mediocri, il che non dovrebbe essere a pensarci bene, ma in ambito di vertice avviene sempre così. Il mediocre vuole intorno a sé figure che non intacchino la sua modestia.
Scomparso Bismarck, ne avvengono di tutti i colori, come ad esempio quel telegramma di Guglielmo 2° del 1896 dove inneggia alla resistenza boera contro gli inglesi, prima che scoppiasse la guerra in quella regione, tranne poi pentirsene con la frase: ci siano espressi come amici della Gran Bretagna, comportandoci da nemici. Ormai però le rispettive opinioni pubbliche erano in fiamme! Qui si ribadisce il peso dell’isteria pubblica su classi di governo inadatte al ruolo. Gli stessi ministri degli esteri non viaggiavano mai per incontrarsi con gli altri statisti, delegando a lettere e ambasciatori. Salisbury e Landsdowne non avevano mai superato la Manica pur essendo chiamati al Ministero degli Esteri. Sulla Germania guglielmina pesa anche una forma di governo monarchico centrica, che toglie autorità ai vertici di governo, contrando il tutto sul Re. Un regnante di cui gli stessi collaboratori affermano: conversare con lui significa doversi accontentare d’ascoltare.
C’è un altro importante passaggio su cui meditare. Il Re ragazzino, Guglielmo 2°, leggendo il libro di Alfred Thayer Mahan, contrammiraglio degli USA, dal titolo: Influenza del potere marittimo sulla storia, ne assorbì le idee. Nel pensiero innovativo che Mahan introdusse tra le diverse cancellerie dell’epoca, si chiese come una nazione potesse vincere su un’altra distruggendone la flotta e strangolandone i commerci attraverso il blocco navale. Per contro, la flotta più debole poteva negare il confronto all’altra e rimanere una costante minaccia (concetto di fleet in being o anche, alternativamente detto del two power standard) impedendo a quella nemica di dividersi e operare al meglio contro il traffico mercantile.
Questo concetto ha fortemente influenzato il comportamento delle marine russa e giapponese, durante il conflitto intercorso tra loro nel 1904 e anche la flotta tedesca nella 1° guerra mondiale.
A pagina 131 l’autore scrive: provando a immaginare come sarebbero potute andare le cose se Annibale avesse attaccato via mare invece di passare per le Alpi, e soprattutto se Cartagine avesse potuto coprirlo e riapprovvigionarlo dal Mediterraneo. Il controllo sui mari, affermava Mahan, è un fattore storico essenziale, eppure fino a oggi non è stato analizzato e descritto in modo sistematico.
Fin qui nulla di particolare, ma la corsa agli armamenti, in ambito navale, non solo fece naufragare definitivamente ogni prospettiva d’accordo con la Gran Bretagna che fu direttamente minacciata da questa iniziativa tedesca, ma sottrasse ingenti risorse all’esercito tedesco, predeterminandone la sconfitta. Un concetto questo già accennato ma meritorio di riflessione.
Chiamato a dare concretezza al sogno navale dell’Imperatore, fu l’ammiraglio Tirpitz che spinse per l’approvazione di 4 leggi navali tra il 1889, il 1900, 1908 e infine 1912 che comunque portarono la marina tedesca ad essere inferiore del 40% rispetto a quella britannica. I 3 presupposti di Tirpitz, ovvero:
- che la Gran Bretagna non si rendesse conto dell’iniziativa tedesca;
- che la Gran Bretagna non fosse in grado di reagire;
- che la Gran Bretagna non fosse capace di trovare alleanze al di fuori dell’accordo con la Germania;
si rivelarono tutti errati confermando un giudizio già espresso nelle note caratteristiche dell’ammiraglio (pagina 137) Ha portato a termine con risultati brillanti incarichi di responsabilità, ma allo stesso tempo ha dato prova di un approccio troppo unilaterale, dedicando tutte le sue energie al perseguimento di certi obiettivi anche a rischio di perdere di vista il senso complessivo del suo ruolo. Spesso i brillanti risultati di cui sopra sono stati conseguiti a scapito di altre considerazioni.
Su tutto quanto qui già espresso, manca un punto di riferimento fondamentale: il bisogno di tenuta sociale interna all’Impero germanico, posta in discussione sia dalla crescente presenza cattolica e socialista al parlamento e nel Paese, che anche da tendenze regionaliste nel sud del paese, che non avevano ancora accettato l’egemonia prussiana.
Per far fronte a questo grande problema, l’Imperatore e la cancelleria lanciarono una politica di “chiamata a raccolta” – Sammlunggspolitk – per unificare le forze nazionaliste e conservatrici su un principio unificatore, intorno all’orgoglio tedesco e alla sua missione civilizzatrice. Quest’accelerazione, per un nazionalismo ostile, incrementò il concetto di Impero, orgoglio, virilità della Nazione, bisogno della flotta oceanica, ricerca delle colonie come di un “cane che si morde la coda”. Il messaggio era anche diretto alla sempre più numerosa media borghesia (Mittlstand) che non voleva però la guerra senza sapersi opporre o esserne cosciente.
L’autore scrive: Il sospetto che la Gran Bretagna potesse trovare una soluzione alternativa al suo isolamento non sfiorò neppure la mente dei tedeschi.
Per la prima volta nella storia entra nella terminologia comune il concetto di Weltpolitik ad opera di von Bulow per spiegare al Reichstag (il parlamento tedesco) una posizione dominante in ambito di politica mondiale e globale. L’autore scrive: Gli altri paesi devono prendere atto del miracolo tedesco e modificare di conseguenza il proprio atteggiamento. Nasce l’imperialismo tedesco.
Ovviamente il mondo culturale svolge il suo ruolo. L’autore scrive: In quegli anni, mentre il nuovo Kaiser e la Germania iniziavano a mostrare i muscoli, le lezioni di un anziano professore di storia dell’Università di Berlino attiravano centinai di uditori. Heinrich von Treitschke era uno dei padri intellettuali del nuovo nazionalismo tedesco, impaziente di acquisire alla Germania, l’ormai proverbiale “posto al sole”.
Contemporaneamente al bisogno d’Impero nasce però un intenso dibattito che rende onore alla Germania. L’autore scrive: La svalutazione dei prodotti agricoli e il ciclo economico negativo che andò dal 1873 al 1895 avevano convinto gli uomini politici e gli imprenditori tedeschi, come del resto i loro omologhi europei, dell’urgente necessità di potenziare le esportazioni e garantirsi sbocchi esclusivi sui mercati esteri. I critici dell’approccio imperialista avrebbero obiettato (e non esitarono a farlo) che spesso le colonie erano più costose da gestire e difendere di quanto non fossero redditizie, e che il flusso degli investimenti, degli scambi commerciali e dell’emigrazione privilegiava regioni del mondo che non erano affatto colonie, come gli Stati Uniti, la Russia, l’America Latina. Molti erano convinti, e in testa lo stesso Capirvi, che seguì a Bismarck nell’incarico, che gli sbocchi commerciali naturali della Germania fossero gli Stati dell’Europa Centrale. Però spesso accadde, il dogma resiste, ostinatamente, alla pressione della realtà. Von Bulow, che sostituì Caprivi alla guida della Germania, nell’ottobre del 1900, andò sempre più verso la convinzione che la Gran Bretagna rappresentava il principale ostacolo alla Weltpolitik.
Il capitolo termina con una nota personale: praticamente in Germania si concentrò una massa d’incompetenti intorno a un Imperatore immaturo.
Capitolo 5: La supercorazzata. La competizione navale tra Gran Bretagna e Germania.
Il titolo del capitolo tradisce la vastità del tema. Ecco due passaggi che ne delimitano il quadro, tratti dalle pagine 147 e 148 del libro 1914: L’autore dell’articolo invita i lettori a guardarsi intorno; i giocattoli, le bambole e i libri di fiabe, che i vostri figli bistrattano nella loro cameretta sono fabbricati in Germania, anzi è molto probabile che il materiale con cui si stampa il vostro giornale (patriottico) preferito sia stato importato dallo stesso paese. Buona parte dell’arredamento domestico in commercio, dalle decorazioni in porcellana, all’attizzatoio per il vostro caminetto, è di fabbricazione tedesca, ma c’è anche di peggio: vostra moglie rincasa a mezzanotte da un teatro dove è andata in scena un’opera tedesca, con cantanti tedeschi, musicisti tedeschi e un direttore d’orchestra tedesco. Perfino gli strumenti e gli spartiti vengono direttamente dalla Germania.
Questo grido d’allarme, oggi nel 2015 è assimilabile a quanto l’Occidente sta vivendo relativamente al “made in China”. Sarà la Cina il nostro prossimo nemico nella guerra futura?
Tornando al libro 1914, a pagina 148, ecco la seconda osservazione che merita una riflessione ad hoc: Il direttore dell’ufficio stampa del ministero degli Esteri tedesco osservò che i rapporti internazionali non erano più appannaggio dei “piccoli ed esclusivi circoli di raffinati diplomatici. Le scelte politiche dei governanti, ormai, sono influenzate dall’opinione pubblica nazionale, in una misura che fino a pochi decenni fa sarebbe stata inconcepibile”. Il fatto stesso che il ministero tedesco si fosse dotato di un ufficio stampa era un indizio eloquente: i governi avevano capito che manipolare l’opinione pubblica e incanalare la sua forza per imporre la propria volontà in politica interna come in quella estera, era la nuova sfida del ventesimo secolo.
Da questi due interventi si capisce come la competizione navale in realtà fosse solo l’estremizzazione di un movimento d’eventi più vasto.
Interessante osservare come per la prima volta, nella storia moderna, uno Stato si doti di un importante apparato di relazioni pubbliche, per aggregare la Nazione intorno a un progetto, seppur discutibile. La critica espressa al termine del capitolo precedente, relativa alla scarsa qualità degli uomini di governo in Germania, permane seppur in presenza d’innovative e intelligenti procedure d’avanguardia nella gestione delle masse, perché comunque i vertici tedeschi, bravissimi nel dettaglio, hanno sistematicamente perso il punto di vista generale. L’estratto qui riportato sulle note caratteristiche dell’ammiraglio Tirpitz, esprimono lo stile di un’intera generazione di quell’epoca; precisa nel dettaglio ma superficiale nelle sintesi.
Per diretto effetto di quest’atteggiamento tedesco, nei primi anni del XX secolo, ogni remota possibilità d’accordo strategico anglo-tedesco, sfumò miseramente, in un crescendo d’ostilità. I tedeschi non riuscirono a comprendere quanto la Royal Navy forse iscritta dentro la sensibilità nazionale come motivo d’orgoglio. La stessa identica operazione si sarebbe potuta compiere in una forma di collaborazione verso l’Inghilterra, anziché di contrasto, ma questo avrebbe richiesto una diversa classe dirigente a Berlino.
Con grandi difficoltà gli inglesi comunque risposero ai tedeschi “colpo su colpo”, nonostante ci fossero diverse questioni sociali aperte, a cui mancavano i fondi necessari perché impegnati nel riarmo navale:
- la più importante tra tutte era la questione irlandese con minacce di distacco dall’Inghilterra;
- il peso dei sindacati nella lotta sociale con 2 milioni d’iscritti nel 1900, passati a 4 nel 1914 e una forte concentrazione nel settore minerario e nei porti, dove gli scioperi avrebbero messo in difficoltà la Gran Bretagna;
- l’allargamento del suffragio aveva permesso a strati di popolazione sempre più semplice, di poter influire sul Governo, specie in una stagione caratterizzata dall’isteria dell’opinione pubblica;
L’autore scrive a pagina 155: Nei 15 anni intercorsi tra il 1889 e il 1904 il costo di una corazzata, cioè di un peso massimo della guerra in mare, era raddoppiato, e quello di un incrociatore, imbarcazione più leggera e veloce, era addirittura quintuplicato. L’estrema frammentazione dell’Impero, per giunta, costringeva la Marina Militare britannica a far stazionare contingenti navali pressochè in tutto il mondo. Nei 20 anni che precedettero il 1914 la spesa militare rappresentò addirittura il 40% del bilancio britannico, un investimento notevolmente superiore, in proporzione, a quello di qualunque altro paese. Anche la tassazione pro-capite, non a caso, era decisamente più elevata che sul continente. Al tempo stesso anche la spesa sociale stava salendo. Come altri governi europei, le autorità britanniche temevano il rischio di disordini interni, e per tentare di scongiurare quell’eventualità investirono in strumenti assistenziali come l’indennità di disoccupazione e la pensione di vecchiaia. (..) Restava da stabilire se l’economia britannica avrebbe potuto permettersi sia le nuove navi da guerra che le pensioni.
Di fronte alla crisi, la Royal Navy s’affidò a un uomo nuovo, Jacky Fischer, un tipo con 3 principi per “la buona guerra”: spietata, inesorabile e senza rimorsi e con ancora 3 principi sulla buona artiglieria: colpire per primi, colpire più forte, continuare a colpire.
Uno dei primi impegni del Primo Lord del mare, Jack Fischer, fu sia la formazione degli ufficiali con l’istituzione dell’Accademia militare, che l’avvio di specifici studi per una nuova supercorazzata, che combinasse nuove esigenze in termini di velocità e blindatura per resistere ai colpi ricevuti dai grandi calibri imbarcati sulle navi nemiche. Questa classe di corazzate si chiamerà DREADNOUGHT. Contemporaneamente Fischer riorganizzò la flotta, riunendo diversi squadroni navali sparsi nel mondo. In questo modo si ebbe:
- una flotta del pacifico di base a Singapore;
- una flotta che gravitava introno al Capo di Buona Speranza;
- una flotta del Mediterraneo;
- e infine 2 flotte intorno all’Inghilterra per coprire sia l’Atlantico sia il Mare del Nord.
Con questa riforma ¾ della flotta britannica si trovarono di fronte ai tedeschi.
Un terzo passaggio innovativo di Fischer, riguardò l’introduzione massiccia di nuovi motori navali del tipo a turbina, in grado di spostare masse in galleggiamento molto più grandi e a velocità ancora superiori. La corazzata DREADNOUGHT, varata nel 1906 rappresentò una vera e propria rivoluzione. L’autore, a pagina 161 scrive: La Dreadnought, prototipo di una nuova classe di navi da guerra, era la campionessa dei pesi massimi dei mari: enorme, veloce e letale. Le più grandi corazzate dell’epoca avevano in media una stazza di 14.000 tonnellate. Le Dreadnought arrivava a 18.000. Grazie agli innovativi motori a turbina raggiungeva una velocità di 21 nodi i un’epoca in cui le imbarcazioni a vapore toccavano a malapena i 18 nodi. Fisher era convinto che la velocità fosse una protezione più sicura dei rivestimenti antiproiettile, ma la Dreadnought era un’autentica fortezza galleggiante. La sua armatura, sopra e sotto il pelo dell’acqua, pesava da sola 5000 tonnellate. Proprio come un campione mondiale di pugilato, sapeva colpire con la rapidità di un’apre. Aveva in dotazione 10 cannoni da 30,5 cm e batterie di calibro minore. Dal momento che i cannoni erano montati su torrette, la Dreadnought e i modelli successivi avevano il vantaggio di poter sparare in ogni direzione potendo ingaggiare 2 o forse 3 delle attuali navi.
Oltre a figure così carismatiche come Jack Fischer per la Royal Navy (tipiche in ambito di democrazia dove l’intelligenza è viva) anche nel corpo diplomatico vanno riconosciute personalità vivaci. Il riferimento corre all’ambasciatore inglese a Berlino, Eyre Crowe. Come già accade da Mosca per l’ambasciatore statunitense, George Kennan, quando inviò il “lungo telegramma” screditando così tanto la dittatura comunista sovietica, da contribuire allo scoppio della Guerra Fredda, ugualmente scrisse da Berlino, Crowe, quello che divenne il suo memorandum più celebre della sua vita. Berlino e la Germania erano inaffidabili: Capodanno del 1907.
Il più famoso storico tedesco, relativamente alla competizione navale tra Berlino e Londra, Holger Herwing, racconta che la sfida a chi costruisse meglio e di più, fu accolta dall’Imperatore, Gugliemo 2° e da Tirpitz, senza consultare la Cancelleria, il ministero degli Esteri, il ministero del Tesoro, le due agenzie che si occupavano di pianificazione strategica navale (sia lo Stato Maggiore della Marina che il Comando della Flotta d’alto mare).
In base a queste informazioni, si ha una netta sensazione di una Germania alla deriva e in soggezione vero l’autorità, indipendentemente dalla sanità mentale o maturità del vertice politico. E’ un problema che si ripresenterà anche con Hitler.
Comunque nel 1909 il Cancelliere, von Bulow, stanco degli attriti con Tirpitz, sui finanziamenti e completamente aggirato dall’Imperatore, rassegnò le dimissioni.
In realtà Bulow lascò la Cancelleria anche perché pagò per una disastrosa intervista che l’Imperatore tedesco concesse alla stampa inglese, il 28 ottobre 1908, portando i lettori britannici a indignarsi. Da notare come il testo dell’intervista fu concordato prima d’essere stampato, infatti fu trasmesso alla Cancelleria dal Kaiser (una volta tanto) ma von Bulow non gli prestò la dovuta attenzione. In termini mediatici fu un disastro. Per poco lo stesso Kaiser non dovette abdicare!
Intanto, mentre nella corsa navale i tedeschi stavano perdendo quote, iniziò a farsi strada il timore, in Germania, che gli inglesi potessero replicare il bombardamento navale di Copenhagen del 1807, con l’intero sequestro della flotta danese. Già questo particolare storico, accaduto un secolo prima, la dice lunga sulla cattiva fede degli inglesi in campo di competizione navale e darebbe tutto il diritto ai tedeschi, di formarsi una loro marina d’alto bordo per le necessità coloniali della Germania! Certamente la storia narra di ben 2 progetti di questo tipo, modello blitz, studiati da Jack Fisher ai danni della flotta tedesca, quindi i timori non erano infondati. Prima di concludere questo capitolo, è saggio registrare 2 particolari. Il primo è come quegli stessi cantieri navali di Danzica (Prussia) che lavorarono alacremente per costruire la flotta tedesca, nel 1945 passarono alla Polonia con il nome di Gdansk e le officine Schichau furono assorbite nei cantieri navali Lenin, per servire un’altra dittatura. Negli anni Ottanta, quegli stessi canteri divennero l’epicentro del movimento Solidarnosc.
Il secondo riguarda l’Inghilterra, divisa tra le forti spese di riarmo e la pace sociale. Contro le spese per la Royal Navy, si schieranono 2 importanti personaggi: David Lloyd George e Winston Churchill. Certo il momento per gli inglesi era critico per la depressione economica del 1908 dove il motto del periodo fu: “La nostra Marina e i nostri disoccupati fanno la fame insieme”. Alla fine si riuscì ad approvare in parlamento “la finanziaria del popolo” come aveva proposto George, tra una marea di polemiche. Il fatto finale, comunque fu che una democrazia riuscì a coniugare riforme sociali e spesa militare, trovandosi nel 1914, allo scoppio delle ostilità con 20 supercorazzate contro le 13 tedesche.
La competizione navale anglo-tedesca, lungi dalle premesse di Tirpitz, anziché avvicinare la Gran Bretagna alla Germania, scavò un solco inammissibile tra i due paesi.
Capitolo 6: Amicizie improbabili, L’Entente Cordiale.
Anche questo capitolo esprime uno degli argomenti centrali dell’intera vicenda del 1914; il difficile rapporto tra la Francia e l’Inghilterra.
Tutto nasce dalla cocente sconfitta francese del 1870 verso i prussiani, che consente non solo ai tedeschi di potersi annettere due piccole regioni francesi poste al confine (l’Alsazia e la parte meridionale della Lorenza, luogo di nascita, tra l’altro di Giovanna d’Arco) ma addirittura di far nascere l’Impero di Germania, con un Kaiser che ha saputo unire la Prussia alle provincie meridionali tedesche. Con la vittoria tedesca del 1870 avvengono quindi 3 eventi:
- la Francia entra in crisi;
- cessa d’esistere la Prussia;
- nasce l’Impero di Germania.
Il grande artefice di questo disegno fu il Cancelliere Bismarck, che non si limitò a raggiungere un risultato d’alto profilo, ma s’impegnò nel completarlo gestendone il post vittoria (sancita con la Pace di Francoforte del 1871) isolando sempre di più la Francia in Europa, spingendola verso l’avventura coloniale.
Del resto scontrarsi con la Gran Bretagna, l’Italia e la Spagna, comportava per la Francia restare ancora maggiormente isolata e impegnata rispetto ogni desiderio di rivincita verso la Germania.
Neppure può dirsi che la Francia fosse completamente vittima dell’iniziativa tedesca, perché profondamente divisa al suo interno. I profondi malesseri francesi furono:
- una spaccatura non ancora sanata, dopo un secolo, che risale alla rivoluzione francese, quindi erano attivi e in conflitto tra loro clericali contro anticlericali, repubblicani e monarchici etc. In definitiva la Francia era una Nazione terribilmente divisa provocando anche dei colpi di stato (da operetta);
- su una spaccatura sociale così profonda (in questo caso il riferimento corre all’Italia negli anni 2012-2015 all’indomani del primo “golpe” in bianco dell’allora Presidente della Repubblica) qualsiasi governo si fosse avvicendato, non si sarebbe potuto esprimere nel pieno della sua autorevolezza. Iniziò così una girandola di scandali e nomine che incredibilmente non seppero produrre alcuna reazione in una popolazione spinta dall’inerzia (come in Italia). Su tale decadenza sociale e politica, s’incuneò anche il grande scandalo dell’affare Dreyfuss, che in se per se non ebbe nulla di sostanzioso (spesso l’apparato della giustizia s’incanta sui fantasmi), ma divenne ugualmente esplosivo accendendo le polveri della polemica mai sopita, che stava spaccando il paese. Solo la guerra, del 1914 consentirà alla Francia d’affermarsi come Nazione. Ecco che si conferma, ancora una volta, un concetto tradito dal libro “1914”, appannato dal suo pacifismo ad oltranza, dove la guerra sarà anche stata scatenata dagli austriaci contro i serbi e attuata su grande scala dai tedeschi, ma in realtà la volevano tutti, comprese le istanze sociali non soddisfatte (la stessa opinione pubblica isterica) da governi liberali non democratici;
- all’epoca dei fatti di Fashoda, in Francia c’era la III° Repubblica. La prima durò 12 anni, figlia della Rivoluzione francese, inaugurò il suo corso nel 1792 ma fu Napoleone a chiuderla. La Seconda fu stroncata da Napoleone III° nel 1851. Ed ecco la III° Repubblica nata dalla disfatta del 1870 e dalla guerra civile che ne seguì (la comune di Parigi) e annesse fucilazioni di massa di civili ad opera dell’esercito francese. Alcuni chiamavano la III° Repubblica la Puttana o la Repubblica dei furbacchioni. In queste condizioni la Repubblica aveva sia nemici interni da ogni parte, che scandali in grande quantità;
In un contesto disastroso per la Francia, sia sul piano di politica interna che estera, nel 1898 a Fashoda (oggi Kodok) i francesi s’incontrano con gli inglesi. Si sarebbe potuta scatenare una guerra, ma entrambe le Nazioni non erano disposte allo scontro, tant’è vero che giunsero a un compromesso: l’Egitto agli inglesi e il Marocco alla Francia. E’ su questa base d’accordo che l’8 aprile 1904 francesi e inglesi firmarono l’Entente Cordiale.
Va notato però un particolare. L’obiettivo francese, entrando in contatto con gli inglesi, era quello di provocare una conferenza internazionale per rivedere l’intero assetto della costa settentrionale dell’Africa. Non fu necessario, ma questa strategia fu successivamente perseguita anche dai tedeschi senza però successo proprio sul Marocco. Analizzando a questo punto la posizione tedesca, l’accordo anglo-francese fu l’equivalente di “uno schiaffo”, la fine dei loro giochi per tenere divise le Nazioni in Europa. In realtà il danno per la Germania fu ancora più grave, perché la Francia, cercando alleati, prima ancora dell’Entente Cordiale, si rivolse alla Russia, ormai libera da ogni impegno verso i tedeschi.
Su questo aspetto serve un riepilogo:
- Bismarck, facendo leva sulle tendenze autoritarie della Russia, portò la Germania, l’Impero austro-ungarico e la Russia in un’alleanza tripartita; il Dreikaiserbund nel 1873;
- temendo, sempre Bismarck che l’accordo potesse essere messo in dubbio dagli attriti russo-austrongarici sui Balcani, fu sottoscritto un Trattato segreto di controassicurazione, nel 1887, che per leggerezza e stupidità nel 1890 (nel cambio alla Cancelleria tra Bismarck e Capirvi) non fu confermato lasciando la Russia libera di rivolgersi ai francesi;
- da questo fallimento in politica estera, dovendo la Germania fronteggiare un accerchiamento tra la Francia e la Russia, maturò il riavvicinamento con l’Austria-Ungheria.
L’interesse russo verso la Francia riguardava l’intenso bisogno di fondi per investimenti. Anche i tedeschi avevano pari capacità d’investimento, ma con l’aumento della redditività delle imprese tedesche, le banche della Germania erano particolarmente attratte dal mercato domestico rispetto quello estero. Da parte francese (che perse quasi tutti i fondi prestati alla Russia quando nel 1917 Lenin consolidò il debito pubblico) l’interesse verso la Russia era sia strategico (accerchiamento della Germania) che d’accesso a un potenziale umano enorme, specie quando le guerre, allora si potevano vincere con grandi quantità di soldati.
Analizzando l’ultimo tassello del mosaico, ora è il turno della Gran Bretagna. A quell’epoca, come già noto, l’Inghilterra stava cercando una via d’accordo con la Germania sperimentando un percorso comune sulla crisi del Venezuela (paese che non riuscì più a rimborsare il debito contratto con le banche inglesi e tedesche) ma intervennero gli Stati Uniti in nome della Dottrina Monroe. Lansdowne, che era subentrato a Salisbury, ben presto si “stancò” dell’arroganza tedesca e preferì la Francia. Non solo Lansdowne stipulò anche degli accordi con il Giappone e la Russia ma senza esiti apprezzabili.