Di panico si muore. Commento ragionato a un naufragio
Di panico si muore! E’ una realtà con la quale fare i conti. Non conto più le email che sollecitano un ragionamento sul naufragio del Giglio. E’ un argomento che esce dagli schemi abituali di questo sito. Va bene lo stesso.
a) la condotta del Comandante è ovviamente deprecabile e non scusabile; argomento chiuso. Quanto mi affascina è invece l’effetto sulla Nazione che produce l’esempio negativo. Abbiamo assistito a come una personalità si può sciogliere sotto i colpi di un richiamo al dovere. Diciamoci la verità, quando il fisco ci bersaglia, non ci sentiamo uno Schettino?
In fondo la povertà umana di un C.te che dice che “è buio” per giustificarsi, è riscontrabile in ognuno. Lui, nella sua inadeguatezza è stato “scoperto”, noi ancora no. Il concetto da chiarire è che vite integerrime non ce ne sono più, perché non le vogliamo!
Con la scusa dell’adattamento alla vita moderna, abbiamo perso quei moduli comportamentali che ci collegavano ai valori. Siamo in perpetuo adattamento. Attenzione, non va perdonato il C.te Schettino, che non ha attenuanti.
Al contrario serve chiedersi se siamo riusciti a recepire il messaggio di quanto sia deleterio il giustificarsi per ogni cosa. Il non rispettare le regole finchè non siamo scoperti e poi ridurci allo “stadio Schettino”.
Concludendo, serve una riservata revisione dei nostri privati modi. Quindi chiederci quante deviazioni abbiamo fatto dai nostri valori. Di panico si muore, serve reagire.
b) parliamo del C.te De Falco. Tutto il mondo ha un esempio per reagire a una situazione drammatica. De Falco, proviene dai corsi normali dell’Accademia Militare di Livorno, mentre io da quella di Modena (Esercito). Conosco esattamente il suo linguaggio per averlo usato negli anni. C’è però un fatto. Transitato nella vita borghese, ho imparato a modulare le parole a seconda delle persone che ho di fronte.
In pratica mi esprimo in forme diverse, con concetti uguali, ma con toni e parole adeguate. Non mi interessa solo esprimere un’idea, ma che sia capita dall’interlocutore. Un C.te civile non è militare. Il primo è troppo attento alle curve delle donne, rispetto il profilo della costa su cui è andato a sbattere.
Siamo veramente in mondi diversi. Un C.te d’estrazione militare non può parlare a tu per tu con uno civile. Hanno scuole, cultura e valori diversi. Temo che nel processo a Schettino, salti fuori che è stato “inibito al comando” dall’imperante tuono delle sue responsabilità. Il tutto espresso dal C.te De Falco. Resta un concetto di fondo: noi parliamo per udire la nostra voce o per spiegarci?
c) Un altro aspetto che produce dolore è il comportamento vigliacco sia dell’equipaggio sia di troppi passeggeri. Qui il discorso si fa complicato. A un C.te più di nome che di fatto, non può che rispondere un equipaggio scadente e mediocre. Con questo ragionamento però si arriva anche a porre in discussione la stessa Compagnia.
Allargando la visuale possiamo chiederci perché a volte le imprese hanno del personale non adeguato? Chissà come mai! (assenza di politica del personale e di carisma nel Comando/Direzione d’impresa).
Torniamo ai passeggeri. Atti di panico e codardia ce ne sono stati, pur essendo a meno di 600 metri da un porto. Perché?
Qui va affrontato un aspetto molto brutto, ma che è “nell’aria”. Solitamente i colletti bianchi e i professionisti sono troppo individualisti, quindi possono tendere alla vigliaccheria.
L’individualismo rappresenta l’ingresso alla codardia. Noi viviamo in una società molto individualista, quindi la risposta viene da sé. Resta però un fatto. Anch’io sono un professionista, ma mai riuscirei a non aiutare. E’ un valore che sento nella carne, costruito dentro di me. Ovviamente il panico lo conosco, ma non ha la forza di abbrutirmi allo stadio bestiale. Rivendico la mia umanità, anche nei momenti peggiori.
d) Ultimo aspetto che spaventa è l’incapacità delle Autorità di procedere nel recupero del relitto. Per mesi non si è riusciti a dare prova nel salvare tutta la struttura, compresi i suoi morti. Questo a fronte di un eventuale danno ecologico enorme e uno scivolamento costante, della carcassa (relitto). Di panico si muore se non si reagisce.
Iniziamo a tirare le fila di questo discorso.
L’uomo (la uoma, quindi l’uomo e la donna) è debole più si avvicina alla “modernità”. Ancora peggio sono le sue performance nel moderno, perché s’allontana dai valori. Il concetto valore non è costante nel tempo. Si possono tranquillamente sostituire. Il problema, che stiamo vivendo da almeno 10 anni è che non abbiamo formulato dei valori di riserva o sostituitivi. Il valore di oggi è un “non valore” come il “non luogo” di Augè. Quest’ultimo è un sociologo francese studiando di turismo e viaggi.
Il paragone con la Costa Concordia è semplice: privi di valori si fa a fondo.
Si conferma ancora una volta come la crisi sia di valori e non economica. Curare la crisi con strategie economiche, significa prolungare la sofferenza.
C’è però un aspetto nel quale credo fermamente. Le aziende e il luogo di lavoro è l’unica vera fonte di riscatto e rieducazione, in una società fuori rotta. L’azienda se dotata di una politica del personale, diventa luogo di proposta. Un’offerta per convivere uniti con un logo, una bandiera, una nazione. Ricordate quando i giapponesi al lavoro si formano per lavarsi i denti o fare ginnastica?
Per un giapponese c’è identificazione tra il suo lavoro e il prodotto, quindi il marchio della fabbrica! Abbiamo bisogno di un recupero di valore del lavoro in azienda.
Credo nelle gite aziendali, nella retribuzione in natura, nel dipendente del mese. Nelle ferie pagate a chi le ha meritate. Credo quindi alla formazione, allo stimolo e a spiegare quale tipo di carriera sia possibile in quella specifica realtà. Alla ricerca e sviluppo e all’imprenditore che non è mai in azienda, perché eternamente in viaggio.
Ammiro le imprese che hanno un Capo che sa interessarsi di tutti. Che ogni giorno ispeziona i bagni e controlli l’umore della sua gente. Dove il problema di tutti sia il suo e quello aziendale.
Buon lavoro (la rotta è ancora lunga da percorrere per giungere in porto). Di panico si muore, serve reagire.