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L’esperienza Arvedi. Un qualcosa da amare. Prof Carlini

by Giovanni Carlini
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Quanto amo l’esperienza e l’esempio dell’acciaieria Arvedi

Arvedi, acciaierie Arvedi di Cremona. Durante l’estate la formica lavorava duramente, mettendosi da parte le provviste per l’inverno. Invece la cicala non faceva altro che cantare tutto il giorno. Poi arrivò l’inverno e la formica ebbe di cui nutrirsi, dato che durante l’estate aveva accumulato molto cibo. La cicala cominciò a sentire i morsi della fame, perciò andò dalla formica a chiederle se poteva darle qualcosa da mangiare. La formica le disse: “io ho lavorato duramente per ottenere questo e tu che cosa hai fatto durante l’estate?” “Ho cantato.” rispose la cicala. La formica esclamò: “Allora adesso balla!”
Morale: chi nulla mai fa, nulla mai ottiene.
Esopo, commentato da Jean de la Fontaine, ci permette di vedere come a Cremona la Arvedi, nel suo ruolo di formica ha eccelso, consegnando alla comunità una nuova tecnologia, mercati di sbocco e 600 nuove opportunità di lavoro per altrettante famiglie.
Per spiegare in poche parole cosa hanno fatto alla Arvedi, questa famosa e conosciuta favola credo sia la sintesi migliore. Premetto che un articolo di questo tipo non mi è stato richiesto o pagato e tanto meno sponsorizzato dalla Società Finarvedi Spa, che controlla a sua volta l’acciaieria Arvedi Spa. Resto uno studioso libero impegnato nel capire le cose.
Come noto ho lavorato molto negli ultimi 18 mesi in aziende in crisi, anche nella stessa Brescia, venendo a contatto con dei livelli di povertà umana e professionale abissali.
Spesso mi trovo a dover tirare fuori dai guai imprenditori che hanno “munto” dalla loro azienda, per interesse personale, al fine di viziare se stessi e la famiglia.
Fortunatamente e in misura maggiore rispetto alla categoria di coloro che hanno rubato, lavoro con gente “in gamba”, che fedele alla propria impresa la vuole rilanciare, ma sono sprovvisti di idee e prospettive, per cui intervengo.
Non mi capita mai (purtroppo) di lavorare per aziende sane (per fortuna per loro) ma ciò non toglie che ami, in forma spassionata l’esempio, quello da cui ricevere spunti di meditazione che ti scalda giorno per giorno, meditando nuove prospettive.
Se è vero che la conoscenza procede per approssimazioni successive e per speculazioni che possono rivelarsi false come corrette, l’esperienza offerta dalla Arvedi aumenta il volume delle idee vincenti.
In pratica cosa hanno combinato a Cremona? Semplice!
Hanno inventato l’acciaieria tascabile, che passa da 1.500 metri a 300, risparmiando mediamente il 30% sui costi (innovazione di processo) producendo una lamiera meno spessa rispetto alle altre a pari qualità (innovazione di prodotto). Il tutto è stato fatto “mettendo da parte i soldi” negli anni d’oro della siderurgia che ora spesi, in periodo di crisi, consentono di lavorare al 100% della capacità produttiva rispetto alla concorrenza ferma al 50% quando va bene.
Tutto qui. Un caso di questo tipo non può che diventare un esempio da meditare e replicare, perché rende onore a tutta l’imprenditoria nazionale e alla siderurgia, rimessa in pista grazie alla ricerca e all’applicazione di nuove tecnologie.
Solo qualche giorno fa, ragionando su alcune affrettate conclusioni del Sole 24 ore e del Corriere della Sera sulla sorte della siderurgia bresciana ( che a loro dire sarebbe di prossima estinzione) noi studiosi ci siamo impegnati nel dichiarare che senza innovazione, si sarebbe effettivamente concretizzata la profezia che si auto realizza, per il solo fatto d’essere stata pronunciata (da Merton, famoso sociologo che ne studiò le dinamiche). Oggi, (a forse neppure 10 giorni di distanza da quelle riflessioni) abbiamo da Cremona la risposta. L’industria siderurgica italiana ha un futuro se investe, pensa, studia e apre nuovi mercati.

Grazie Arvedi!

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