La globalizzazione è in crisi. Un fatto semplice e sotto gli occhi di tutti ma nessuno lo sa.
La globalizzazione affonda senza che nessuno si bagni i piedi.
La globalizzazione è ancora viva?
Il Sole 24 Ore del 31 dicembre nelle prime 3 pagine scrive: il mondo è cresciuto del 5% quindi possiamo essere tutti contenti. Possiamo gioire perché la fame sta diminuendo e con questo celebriamo l’uomo dell’anno. Il riferimento è al Sergio Marchionne, che disinvoltura usa i soldi pubblici per sanare le beghe dell’azienda. No! Proprio non mi sta bene tutto ciò.
Tralasciando l’insofferenza per l’amministrato delegato della Fiat non per questioni sindacali, ci si concentra sul metodo. Il Marchionne tradisce il metodo di lavoro!
Per capire la deriva in atto servono dei chiarimenti di fondo. Senza questo allargare la visuale si rischia di non capire. Ad esempio, non ci sto sullo sfamare gli altri se la mia famiglia non è sazia. Non si tratta d’egoismo ma di senso pratico. Il riferimento è alla forzata immigrazione clandestina a cui il Paese è soggetto. Spiegandosi con un esempio: quando si è in volo, le istruzioni in caso di emergenza sono molto pratiche; prima l’adulto si applica la maschera d’ossigeno a se stesso e poi al minore (non l’inverso). Cosa vuol dire? Significa che fra qualche anno mia figlia sarà laureata e disoccupata, quindi dovrò ritardare un eventuale distacco dalla famiglia, la sua indipendenza. Significa che il 27,6% dei nostri figli non ha lavoro (a cui chiedo scusa come generazione dei 50enni e genitore).
Significa che il calo di borsa è appena del 10,15% e la disoccupazione dei padri di famiglia si aggira sul 9% Non è finita.
La povertà nel mondo è un problema interno dei singoli popoli. Finchè si tratta di sfamare delle persone che stanno morendo di fame va bene. non funziona più quando dobbiamo togliere i problemi alla maggior parte della popolazione mondiale abbassando i nostri standard.
Si tratta di egoismo? Può essere, ma certamente l’uscita dall’indigenza e povertà è un percorso individuale di un popolo. Non si ottiene a colpi d’elemosine. Ma non avevano detto negli ultimi 50 anni che siamo tutti uguali e che le razze non esistono, per cui non c’è chi è superiore agli altri? Ebbene se sono tutti sullo stesso piano, che lavorino per i loro mercati interni (vedi la Cina) senza pretendere di togliere posti di lavoro a noi e ai nostri figli.
La conclusione? È semplice. Si chiama crisi della globalizzazione.
E’ sempre più diffuso il rifiuto a comprare “made in China”, anche se il prezzo è più basso.
Di fatto i consumatori stanno applicando un embargo. Si applica sui prodotti che provengono da nazioni che non hanno maturato un livello di civiltà proprio.
Proseguendo su questa strada l’Occidente assomiglierebbe all’Argentina dal 2001.
La prima globalizzazione è finita. Ora si apre la post-globalizzazione. E’ finita una fase dove risparmiare sulla mano d’opera era l’aspetto cruciale, anche a costo di produrre disoccupazione da noi.
L’ironia della sorte era che dovevamo essere contenti come disoccupati, pagando di meno quanto avremmo dovuto produrre noi. Ecco perchè la globalizzazione non ha funzionato.
Oggi, finalmente, c’è la seconda globalizzazione che non ha risposto con dazi doganali alla crisi. Forse i dazi verso le merci cinesi verrano elevati successivamente. La reazione oggi si chiama reshoring. Significa re-importazione delle proprie fabbriche prima delocalizzate. Tutto questo per sanare la piaga della disoccupazione, da cui deriva contrazione della spesa sui mercati interni. Non solo ma anche la crisi della democrazia.
A questo punto sull’immigrazione basta dire che per fare l’elemosina serve un reddito stabile. La disoccupazione non ci da questa serenità di reddito.