FORMAZIONE

CULTURA

Home FORMAZIONEINDUSTRIA E AZIENDALEORGANIZZAZIONE AZIENDALECultura aziendale Impresa padronale, limite e potenza di un qualcosa immaturo e necessario

Impresa padronale, limite e potenza di un qualcosa immaturo e necessario

by Giovanni Carlini
0 commenti

Impresa padronale, limite e potenza di un qualcosa immaturo e necessario

Fortunatamente esiste l’impresa padronale. Su 4,5 milioni d’aziende in Italia, con una media di 2,8 dipendenti l’una, le padronali contano per l’80%. Tanto, troppo. Ecco la debolezza del sistema Italia. Nonostante ciò, senza l’impresa padronale saremmo tutti più poveri. Un piccolo confronto. Anche la Germania ha 4,3 milioni d’imprese in attività. I tedeschi però contano 32 dipendenti in media per azienda. Stiamo ragionando su un livello completamente diverso e senza confronto. Il punto è proprio questo. Perchè non possiamo confrontarci con i tedeschi per importanza del sistema aziendale? Del resto l’Italia è il secondo paese in Europa per importanza industriale dopo la Germania. 

Quanto lascia molto perplessi è la responsabilità in negativo della Confindustria. Nel caso l’impresa padronale sia il vero ostacolo allo sviluppo industriale nazionale, non esiste una politica. Certo sono stati fatti i contratti in rete, ma non basta. Siamo fermi a una categoria d’imprenditori limitata, caratteriale, artigianale, ignorante. Discutere di almeno una laurea per l’imprenditore, nel caso di impresa padronale, è fantascienza. Leggere queste righe potrebbe e giustamente tradurre lo sconforto. Non è così. Per risolvere un problema bisogna partire dal dato di fatto. Le nostre imprese, spesso padronali, non sono adeguate ai nuovi standard. E’ una certezza, dolorosa, ma un dato di fatto.

Partendo dall’immaturità dell’impresa padronale, è possibile cambiare qualcosa. Ad esempio dettastare quelle micro aziende che si affidano a un manager non familiare. Il manager dovrà essere almeno e al minino laureato. Un ingegnere sarebbe perfetto! Con manager over 50 anni l’azienda avrebbe dei contributi. Nel caso di manager sotto tale età, il risparmio sarebbe solo fiscale: non pagherebbe le tasse. E’ chiaro che qui si considera dirigente chi ha le carte in regola per esserlo. Stiamo parlando d’esperienza vissuta sul campo, non di presunzione giovanile. Il messaggio è diretto alla società di ricerca personale Michael Page, che non valuta manager over 35 anni. Ecco un punto di partenza per valutare il danno nazionale al sistema aziendale.

Potrebbe piacerti anche