Fotovoltaico: applicazione universitaria
di Giovanni Carlini
A Fort Collins, in Colorado, ci sono 2 università: quella di Stato (CSU) e l’altra più commerciale come diffusa in tutto il West americano: la Phoenix University. La lotta tra loro è molto serrata misurandosi in numero di nuove iscrizioni annuali.
Oggi è in vantaggio la CSU perché, per la prima volta al mondo, è stato aperta una scuola di specializzazione post laurea (2 anni di corso) sui temi della green economy. Le materie di studio sono l’uso urbano dell’acqua, il comportamento sociale, impatto sull’agricoltura, energie alternative, il ruolo del governo, la sanità e quindi la ricerca per una teoria generale.
Dal piano di studio si passa rapidamente alla ricerca applicata, che a Fort Collins si sviluppa principalmente attraverso due vie:
– gli usi pratici del fotovoltaico in ambito di produzione di energia principalmente attraverso le esperienze svolte sulla Foothills Campus 2;
– l’applicazione del fotovoltaico alla trazione meccanica su autovettura.
Alla facoltà d’ingegneria è stato affidato il compito di modificare il motore su 4 monovolumi, affinchè possano muoversi grazie all’energia solare all’interno del campus. Questo significa progettare ex novo un tipo di batteria e un rapporto peso/motorizzazione adeguato, laddove neppure le case costruttrici si sono impegnate.
Ogni tentativo di conoscere i dettagli tecnici della realizzazione sono risultati vani, perché il riservo è altissimo, in quanto è volontà dell’Università addivenire a un brevetto da commercializzare a vantaggio dell’Ateneo il quale si appoggia a officine private di riprogettazione. L’Università di Fort Collins si è rivolta in Florida alla Gator Moto www.gatormotouv.com per essere aiutata nella realizzazione. Ogni tipo di domanda fatta per saperne di più infrangere il segreto industriale.
Relativamente a quanto realizzato sulla Foothill va ricordato che:
a) il campo di sperimentazione si estende per 15 acri, il che lo rende tra le più grandi applicazioni universitarie del Paese;
b) vengono prodotti 2 megawatt al giorno, ovvero 3,5 milioni kWh all’anno grazie a 8.697 pannelli che corrispondono al 10% dei bisogni di elettricità dell’Ateneo;
c) ogni pannello produce 230 Watts e opera al 14% di efficienza
Sicuramente che il complesso delle idee di studio approdino a qualcosa di commercialmente utile è relativamente importante, perché il concetto che si sta perseguendo è chiaro: è in atto il superamento di una fase tecnologica.
La morale di questa storia è semplice: chi studia e svolge ricerca applicata, ha il potere di gestire il futuro. Questo vuol dire che non è più possibile immaginare i prossimi 10 anni con i canoni tecnologici di oggi (il riferimento corre al sorpasso cinese sugli Usa nei consumi pro-capite d’energia, ma se questa fonte fosse ormai obsoleta, cosa rappresenterebbe più il paragone?)
Il futuro è di chi lo costruisce nella ricerca tecnologica e questo addivenire è custodito in un nuovo livello che si chiama “green economy”. Qui va chiarito però un concetto. Green non significa, in questo senso “verde” ma nuovo e diverso con rivisti parametri di costo-efficacia. Dobbiamo imparare a produrre più ricchezza spendendo meno materie prime, energia, mantenendo gli attuali livelli occupazionali. E’ vero che questa evoluzione è nata da una tensione ecologica (da cui conserva il nome di “green”) ma si è evoluta su un piano meno fazioso e trasversale, per cui è in atto una clamorosa e radicale revisione dei criteri di costo-efficacia.
Qui si potrebbe anche arrivare sul filosofico-sociologico per cui vale la pena lavorare 10 ore al giorno per una qualità di vita non apprezzabile? Certo che il sacrificio è pagante, ma va monitorato. Questi concetti in Italia non sono stati ancora recepiti. In America invece rappresentano la differenza tra il prima e il dopo. Il prima, invasi dal “made in cina” e il dopo, dove si ritorna a prodotti “made in usa”. realizzati ad alta qualità con basso costo (fantascienza per i cinesi). In tal senso oggi 27 luglio ancora una volta la Jeep ha comprato 4 pagine di USA Today per informare il mondo che l’America è conosciuta per le sue bellezze, ma lo è di più per la sua tenacia (nel costruire un prodotto interamente americano – Jeep) “America is known for its beauty but it’s more known for its guts”, Jeep, the thing we make, make us.
Le cose che noi facciamo ci migliorano. Non restiamo spettatori e miglioriamoci, facendo i nostri beni con la cultura che ci contraddistingue a costi competitivi e in un buon rapporto con l’efficacia. Questo è quel Green Rinascimento che ci aspettiamo da noi stessi. Forza Italia!