Che ognuno svolga il suo mestiere e non quello degli altri
di Giovanni Carlini
Studi di sociologia
Nel mondo della selezione e formazione del personale, corre una storiella probabilmente, vera che recita così: un importante avvocato, verso l’ora di pranzo, ha ricevuto gli estremi per presentare al magistrato inquirente un’istanza di scarcerazione, per un suo cliente, detenuto in prigione a causa di reati amministrativi. Chiamata la segretaria per scrivere al computer il testo, lei risponde che deve andare a mangiare e che non tornerà prima di un’ora, ma in questo modo non ci sarà più tempo per il deposito presso la cancelleria del tribunale. Ciò significa rinviare il tutto di un giorno (una notte in più in cella con altre 5 persone, per un reato che tutto sommato non ha offeso fisicamente alcuno, ma si tratta di tasse non pagate)
A questo punto l’avvocato si mette alla tastiera e redige un’istanza di scarcerazione che quando la cancelleria la riceverà, verrà incornicerà a muro a titolo d’esempio per tutti gli altri avvocati. Un successo simile, per eleganza delle argomentazioni e sintesi nell’esposizione, verrà tributato all’istanza, anche dal magistrato inquirente.
In pratica a fronte di una richiesta così ben formulata, non tramonterà il sole che l’imputato uscirà dal carcere, godendo degli arresti domiciliari, avendo la moglie partorito da qualche mese e lui da 3 in galera. Mentre l’avvocato batteva il testo dell’istanza, il telefono ha squillato tre volte invano.
Quelle telefonate erano di altrettanti clienti, in cerca d’assistenza legale le cui cause, condotte fino alla Cassazione per il terzo livello di giudizio, sarebbero valse 80mila euro l’una. A fine giornata, quando l’avvocato uscirà dallo studio, avrà sicuramente un cliente in meno in carcere, ma nel suo budget mancheranno 240mila euro di fatturato.
La morale di questa storia
Se c’è un insegnamento che possiamo trarre da questa vicenda è che ognuno deve svolgere il suo lavoro e non quello degli altri. La paga o il salario è sempre commisurata a un ruolo, funzione, ovvero a un qualcosa che va fatto in un certo lasso di tempo.
L’eroe tuttofare è un danno e un pericolo per le aziende e le organizzazioni in genere. Il riferimento corre soprattutto all’imprenditore che somma a sé la funzione di responsabile amm.vo, quindi direttore del personale, responsabile della qualità, della sicurezza, del marketing e commerciale nonché anche capo magazziniere e venditore per concludere, quando serve di autista.
Il vero posto di un Capo è fuori dalla sua impresa colloquiando con il mercato, sapendo d’essere coperto e supportato in azienda. Perché questo avvenga necessitano alcune figure chiave che sono:
– una segretaria direzionale (la vera castellana del maniero ovvero colei che sa tutto e interviene in ogni situazione, concordando l’azione con il Capo)
– un personaggio amministrativo (uomo o donna che sia) capace di dare certezza finanziaria e contabile all’azienda. Si tratta di un soggetto stabile nel carattere, poco fantasioso e molto concreto nell’autorevolezza di perseguire gli insoluti e curare i rapporti con clienti, fornitori e banca.
– una uoma (in gergo uomo o donna che sia, appunto definito uoma) che rappresenti un pozzo senza fine di fantasia e creatività. In pratica “un diavolo a quattro”, che sappia essere soprattutto una figura di riferimento nel marketing, come nell’instillare energia pura a tutta l’intera struttura.
Per queste 3 figure si tratta di personalità diverse la cui selezione va sviluppata “ad hoc”. Sul genere, maschile quanto femminile non c’è assolutamente una regola da rispettare. Laddove la segretaria direzionale è solitamente una donna matura, nell’ordine dei 40 anni, piuttosto libera da impegni familiari (non ha bimbi piccoli), per le restanti figure si può agevolmente ricorrere sia ancora a una donna, che a un uomo. Certamente il responsabile amm.vo è diametralmente opposto a quello di marketing, in quanto vivono due mondi separati. Dall’incontro di personalità così diverse, nasce una sinfonia che si fa organizzazione in azienda. Si rammenta che l’ordine ragionato, applicato ai dipendenti (quindi organigramma e mansionario oltre a politiche del personale) è un bene immateriale ma strategico, senza il quale i costi invisibili (bassa produttività) divorano l’impresa, senza che si abbia un chiaro segnale di dove agire.
Non è affatto difficile osservare delle organizzazioni malate, dove si svolgono mille lavori, tutti realizzati insieme, causando stanchezza nelle persone che restano così sotto pressione, ma i cui risultati sono mediocri o al di sotto di un valore accettabile.
Per chi è scritto questo studio
Qui sono indicati dei criteri di selezione per personale/responsabile amministrativo, ovvero una figura stabile, affidabile, poco creativa, ma capace di perseverare con intelligenza su un percorso concordato a priori (dalle norme tributarie, dal commercialista e in definitiva dalla dirigenza aziendale). Il pregio di questa figura è la stabilità intelligente. Affinchè il test possa essere utilizzato per più figure, si offre una graduazione di personalità per cui a seconda degli esiti di punteggio conseguiti si possa individuare anche altre attitudini professionali. In questo caso, ovviamente “la gente di marketing” si colloca su valori alti, mentre quella amm.va è perfettamente al centro della scala di valori conseguiti. Chi ha un punteggio basso è idoneo per altri ruoli.
La tabella su cui esercitarsi è qui di seguito strutturata su più disegni. Colui che ci si applica deve assegnare un disegno diverso a ogni immagine, prendendo spunto dal geroglifico indicato, non impiegando più di 5 minuti per i 15 esercizi segnati.
Il criterio d’assegnazione dei punti segue una regola semplice ma tassativa: 1 punto a ogni disegno diverso (questo particolare è importante). L’esercizio va svolto con rapidità e senza pensarci troppo, a patto però che abbia un nesso logico e causale dallo spunto. I disegni dovranno essere diversi anche nell’idea, per cui nell’ultima riga, ad esempio, non è possibile indicare 3 visi culturalmente differenti! Ecco che qui la creatività ha un senso, indipendentemente dal livello culturale conseguito nell’iter scolastico. Le risposte non sono giuste o sbagliate, c’e’ un’infinità di possibilità, a patto che siano provviste d’immaginazione e non ripetitive. A disegno incompleto non si ottiene punteggio.
CREATIVITA’
Valori da 1 a 6 punti ——> personalità non creativa
Valori da 7 a 12 ——> creativa (amministrativi)
Valori da 13 a 15 ——> molto creativa (marketing)
Sul concetto di creatività ci sono delle osservazioni da offrire al lettore. Si è creativi quando si sa guardare alle cose e ai fatti ordinari della vita, da più angolazioni sapendone creare altri ancora, da cui la capacità d’essere propositivi. Lo svantaggio di un creativo è il “disordine” e quindi la scarsa attitudine per un lavoro metodico e certo nelle sue finalità, come quello amm.vo.
Mischiare due attitudini, significa sprecare un talento, che crea danni ovunque lo si impieghi. Non che non esistano persone “a cavallo” tra due forme caratteriali diverse, ma si tratta, spesso di personaggi a basso grado di risolutezza, il cui impiego è altamente problematico. Per poter valorizzare soggetti collocati a metà tra due o più attitudini, serve un’autorità che possa e sappia indirizzare con schemi disciplinari molto decisi e chiari. Va precisato, in questo contesto, quanto solo con la disciplina sia possibile raggiungere livelli molto alti di capacità e “creazione del pensiero”, indispensabili per una produttività aziendale aggressiva, in linea con le necessità di una globalizzazione molto selettiva.
Il test, tradotto, proviene da applicazioni professionali nella gestione delle risorse umane, in base agli studi e ricerche di Victor Serebriakoff, psicologo americano.