Studi di Sociologia: Commento al libro “La società sotto assedio”
di Giovanni Carlini
Forse è l’unico libro in grado di spiegare cosa stia accadendo nella società contemporanea. Sull’ argomento, ma non è il solo, i passaggi che l’autore definisce secessioni, sono in due.
LA PRIMA SECESSIONE
Fino all’Ancien régime, poco prima della Rivoluzione Francese, l’uomo era protetto nella sua comunità-villaggio. L’economia puntava al sostentamento della vita quotidiana e il lavoro era, se non in schiavitù, calibrato ad ottenere il giusto dalla vita. Tutto sommato un’esistenza povera ma serena, senza pretese. Le monarchie pre-moderne tra comuni, gilde e città si limitavano a prelevare il superfluo dalla produzione senza spingerla oltre. La stabilità sociale era un pregio.
A un certo punto matura, sul piano economico, intorno al 1750 un desiderio nuovo che punta alla produzione industriale e alla ricchezza, sfondando ogni limite geografico e impiegando le persone come “lavoratori e salariati”, indipendentemente dal loro genere e età. I bambini vanno in miniera, e le donne in fabbrica. I contadini vendono la terra o si trovano senza più il Signore che gli permetteva di coltivarla. I poveri, che prima avevano un ruolo sociale, nel capitalismo diventano sottoproletariato abbracciando la miseria. E’ proprio il caso di dire che la povertà si fa miseria. Di fronte alla riduzione dell’uomo a un animale da lavoro, si alza la protesta, fino a fornire la base per quella che sarà la Rivoluzione Francese.
Questo evento cruento, nella sua violenza impone un nuovo protagonista: lo Stato che evolverà in Nazione. Lo Stato introduce progressive limitazioni all’attività imprenditoriale, ricreando la pace sociale. In questa prima secessione dalla comunità trasformandosi in Società, l’uomo deve cedere quote crescenti di libertà individuale per uniformarsi nel popolo. Cosa che farà molto volentieri, scoprendo un nuovo senso d’orgoglio e d’appartenenza alla Nazione che sfocerà poi in nazionalismo. Certamente il rinunciare a quote di libertà personale per conformarsi (conformismo) in uno stile di vita nazionale, avviene credendo in una promessa che lo Stato farà al suo popolo: il costante miglioramento della vita individuale.
C’è poi la mistica durkeiniana di una società che, vivendo oltre la vita dei singoli, li incorpora in sé portandoli nell’immortalità di un popolo che marcia verso il progresso. Conformismo e nazionalismo sono i nuovi sentimenti comuni di tutto l’Occidente. L’autore a questo riguardo così si esprime: fu il periodo della costruzione della nazione e dello stato, quei due processi che si sono rinforzati a vicenda e che convergettero nella più straordinaria delle invenzioni sociali moderne: lo stato nazionale. I due processi correlati furono innescati dalla crescente inefficacia e imminente crollo dell’ancien régime, con le sue autorità istituzionalizzate nelle vesti di guardiacaccia, limitati più a rastrellare le eccedenze di prodotto, lasciando la scelta delle modalità di produzione alle antiche e imprescrutabili leggi della consuetudine, astenendosi volutamente da qualsiasi ingerenza d’ordine amministrativo. (pagina 260)
LA SECONDA SECESSIONE
Rappresenta la costituzione dello Stato forte di una società coesa. Le persone unite trovano forza pur sacrificando una quota delle rispettive libertà. Con il tradimento delle promesse, lo Stato perde la sua funzione di guida, liberando, in un certo senso i cittadini i cui capitali vagano, nomadi, nel mondo. Il superamento dello stato come dimensione sociale, restituisce la libertà d’essere come si vuole alle persone, chiamate a rispondere individualmente a problemi globali. E’ su questa estrema libertà d’essere che fiorisce la diversità d’abbigliamento, di comportamento, di pensare, d’unirsi con un partner, d’educare i figli o di non farne affatto. La dottrina, in ogni campo, s’è adeguata rinunciando a giudicare, perché è venuto meno il principio primo di paragone al giudizio: la società e lo stato.
Oltre questi concetti, considerabili i più importanti del libro di Bauman, gli altri sono:
Sulla realtà umana: la realtà umana (Karl Marx) riceve l’agire dell’uomo (individuale) senza esserne condizionata (ed è per questo che è reale). La pratica moderna è un continuo esercizio di trasgressione dei limiti. (pag. V)
Sulla sociologia: la sociologia nasce come servizio allo Stato, ma essendo venuto meno questo organismo ne subisce la crisi (pag. VI). La sociologia scolpisce la società e lo Stato la protegge dandole lavoro. In pratica lo Stato, nella sua azione di governo, avendo la necessità di capire (adeguata duttilità della realtà) chiede alla sociologia di studiare.
Ancora più dettagliatamente a pagina IX: per gran parte della sua storia (della sociologia) che coincide con quella dello stato moderno, ha esaminato i modi con cui le persone resistono o si assuefanno al potere. Il colpo di grazia alla sociologia arriva a pagina XVIII: la sociologia ha subito una doppia perdita. Lo stato (seppellito dalla globalizzazione) e la società. L’identificazione tra società e stato nazionale ha perso buona parte della sua passata evidenza.
Comunque nella conclusione al testo si conferma quanto indispensabile sia ancora la sociologia nella totale confusione del tempo attuale.
Sul potere come concetto a pagina X si ricordano sia Carl Schmitt: il sovrano è colui che decide le eccezioniche Marx: le idee di chi domina tendono ad essere dominanti. Qui il pensiero di Marx è riferito al passaggio storico del cuius regio – e ius religio, ovvero che la fede religiosa del regnante è anche quella dei suoi sudditi.
Sulla prima secessione. Bella la citazione a pagina XXII: la Rivoluzione francese portò l’integrazione sociale a un nuovo livello mai raggiunto dall’ancien régime. L’incapacità della municipalità condusse direttamente allo Stato.
Sulla modernità. La modernità apre alla contestazione del fatto compiuto e abbassa, in questo modo la soglia della sopportazione. In tal senso la modernità fu una promessa per una vita migliore (pag. 45) e si aggiunge: lo strumento della modernità fu lo Stato.
Sullo Stato: oltre ad avere il monopolio della violenza legittima (pag. VII) fa del processo di civilizzazione una sua precisa azione di governo (pag. VIII) Ecco un altro passaggio importante a pagina IX: lo esprime bene Talcon Parsons nel problema hobbesiano, ovvero come far convivere le persone nella società, spuntando gli assolo dei singoli con il processo di civilizzazione (processo di socializzazione) e come questo processo di convergenza abbia richiesto la concentrazione della coercizione nelle sole mani dello Stato.
A pagina XV l’autore è ancora più diretto: lo stato nazionale è la più alta visione di una nazione che si trasfonde nella società civile. Qui George Bernard Shaw ci ricorda (pag. 91) come una valanga di tentativi non garantisce il successo, ma mantiene viva la speranza che tra i tanti tentativi falliti almeno uno centrerà il bersaglio.
Sull’indispensabilità dello Stato. Ciò che ci distingue dal regno animale è la capacità di distinguere tra il bene e il male. E’ la ricerca e applicazione della giustizia che rende l’aggregazione umana inevitabile. (pag. 40) La politica è un meccanismo di cambiamento (pag. 43)
Lo stesso stato, nella sua interpretazione a burocrazia è fortemente criticato a pag. 88 dove: una volta che un ente burocratico impara a svolgere bene un certo tipo di compito, è inevitabilmente portato a cercare sempre nuove occasioni per espletarlo. Durkheim a pag. 139 spiega come la società, avendo una vita più lunga dei suoi componenti, permette di far parte del futuro e dell’immortalità. Il prezzo per la dignità dell’immortalità è l’accettare d’immolarsi e sacrificarsi per la società. Si fa strada il concetto del ritardo alla gratificazione (pag. 146)
Il concetto di felicità e le promesse mancate dallo Stato. Nel 18° secolo si sancisce il diritto alla felicità (Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti). La felicità è una delle promesse che lo Stato fa alla popolazione. Lo strumento per “costruire” la felicità è l’industria (pag. 146) La buona società, promessa dallo Stato è venuta meno, ora resta il godersi l’oggi (pag. 30)
Sul superamento del concetto di Stato. Quest’argomento viene ripreso più volte e in forme progressive. Già nell’introduzione a pagina XX si parla di “velocità”. Infatti: dall’estensione geografica si passa allo spazio-velocità che rappresenta una dimensione diversa dallo spazio-tempo. Nella velocità tutti i confini sono superati. Associato alla velocità come concetto, si fa spesso riferimento al libro di Immanuel Kant, dimenticato fino a pochi anni fa, scritto nel 1784: Idee per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico. Qui Kant anticipa la fine dell’era delle scoperte e l’ineluttabilità della convivenza pacifica nel mondo.
Il concetto si completa con le riflessioni di Manuel Castells a pag. 84: l’era dello spazio, inaugurata con il Vallo di Adriano e la muraglia cinese, cede oggi allo spazio dei flussi, dove l’azione e il movimento generano incolumità agli effetti negativi della globalizzazione. Ecco una frase mitica: lo spazio globale è terra di frontiera.
Bauman definisce le differenze culturali di Samuel P. Huntington o razziali di altri autori, come multivocalitànello scontro tra modelli sociali (pag. XXIII). I cittadini, rotto l’accordo con lo Stato, recuperano la loro libertà di sentirsi quanto desiderano (pag. 48) Addirittura se 10 milioni di ragazzi votano al Grande fratello, solo 1,5 effettivamente si recherà alle urne alle elezioni politiche (pag. 50) La grande società è finita? (pag. 51) Gli stati sono ricattati da quelle forze invisibili come lo spred, la finanza pubblica e l’acquisto di titolo di stato (debito della società) pag. 60.
Dio che ha dimenticato gli uomini. Dio non deve nulla agli uomini, che ora si diano da fare! (pag.32) Il riferimento è alla crisi pirroriana del 16° sec. Il non sapere ci libera dall’imporre agli altri il nostro pensiero, riconoscendo la legittimità delle opinioni diverse.
Al disopra degli uomini c’era Dio, poi lo Stato, ora? Il pensiero emerge a pag. 35 che si completa nel paradosso: più libertà ma più precarietà e impotenza. L’assenza di un’agorà, a cui tutti possano far riferimento e la percezione di precarietà, spaccano la qualità della vita moderna. Un interessante esperimento condotto sugli animali (pag.64) riferisce che nel dubbio, senza sapere cosa fare, nascondono la testa dentro la sabbia restando paralizzati in attesa.
Hannah Arendt. anche nei tempi più bui abbiamo il diritto d’attenderci una qualche illuminazione che potrebbe giungere non tanto da teorie e nozioni astratte, quanto dall’incerta e tremolante e spesso flebile luce che alcuni uomini e donne, nella loro vita accenderanno con il loro operato, pressochè in qualsiasi circostanza e diffonderanno durante il tempo che è stato loro concesso in terra (pag. 37)
La seconda secessione. Nella nuova era, superato lo Stato, la prima vittima è l’impegno verso la società e le sue istituzioni. Come il lavoro si distaccò dall’economia domestica (Max Weber) e i produttori dai mezzi di produzione (Marx a Karl Polanyi) lanciando in questo modo il capitalismo, oggi la finanza e il capitale fuggono dai confini statali diventando nomadi concretizzando la globalizzazione. Lo Stato è ridotto alle funzioni di un distretto di polizia (da pag. 68 a 75)
La presunzione. Il modo in cui si vive diventa la soluzione biografica a contraddizioni sistemiche (pag.58)La vita privata e quella pubblica sono collocate in mondi diversi (pag.59) Bauman introduce a pag. 151, citando Jacques Ellul, un ragionamento ancora più originale: l’arroganza della tecnica e della tecnologia. Afferma: Le novità tecnologiche vanno alla disperata ricerca di possibili applicazioni, desiderose d’essere delle soluzioni ma del tutto disorientate allorchè si tratta di cercare i problemi che tali soluzioni potrebbero soddisfare (..) La tecnica non tollera alcun giudizio dall’esterno e non accetta alcuna limitazione (..) in quanto giudice di se stessa. Un atteggiamento di questo tipo sembra sia stato recepito dai contemporanei.
Sulla precarietà. La sensazione di un mondo che non è gestito e gestibile (pag. XXVI) e Marx che da dell’utopico a chi vorrebbe tornare allo spirito della comunità. Il concetto di precarietà è introdotto da Pierre Bourdieu. Con una popolazione troppo impegnata nei capricci del consumismo, la politica di precarizzazione viene accettata dalle società occidentali (pag. 205) se prima la fragilità e precarietà erano rigettate dalla società ora sono incluse a pieno titolo. A pag. 210 si dichiara: l’incertezza non ha mai raggiunto livelli di questo tipo. Citando Ulrich Beck a pag. 214: gli esperti scaricano ai piedi dei consumatori i loro dubbi chiedendo risposte in base al buon senso. A pag. 217: tutti sono pronti al bivacco a patto che avvenga nel giardino dell’albergo.
Il consumo come vizio e sfogo. La premessa alla società dei consumi è che cadano sia la mentalità tradizionale per cui un bene serve a un bisogno, che la distinzione morale tra beni utili e voluttuari. Non basta consumare nella società dei consumi, serve un moto fine a se stesso di spreco capriccioso per tutto e tutti (pag. 154). E ancora: la vita del consumatore è quella d’accumulare nuovi inizi dove i beni non sono collezionati e accumulati ma funzionali a dare sempre nuove sensazioni. (164) e ancora: la società dei consumi non è consumare ma rincominciare da capo (pag. 198) Harvie Ferguson introduce il concetto di capriccio. L’individuo si esprime attraverso le cose che possiede (pag. 201) il capriccio è sincero e infantile.
La finta quadratura del cerchio in era globalizzata. La prospettiva veloce (nel consumo, guardando la TV e da internet) toglie la preoccupazione alla felicità che sarebbe quella stessa mancata promessa dello Stato ora ridotto a ente burocratico (pag. 167) Infatti le riflessioni sulla TV portano Pierre Bourdieu a un’aspra critica nel rapporto tra pensiero e velocità (pag. 172) in uno scambio rapido, quando non c’è tempo di fermarsi e pensarci si da per acquisito tutto credendolo vero. Il dramma si fa pratica nell’elezione di Putin in Russia e Blair in Inghilterra. Questi personaggi non hanno saputo presentare una piattaforma politica di cose da fare, ma solo emozionare chiedendo fiducia alla loro persona (pag. 175) Blair con la parola magica “ammodernare” e Obama con il “Yes we can” Il nuovo leader non indica la via ma si offre a esempio da seguire (pag.185). L’eccessivo interesse pubblico per i fatti privati dei famosi, risiede in questo famelico bisogno d’esempi al posto del pensiero, della lettura e della riflessione.
Richard Sennett calcola che un giovane laureato cambierà lavoro 11 volte e si dovrà riqualificare almeno in 3 occasioni nel corso della carriera (pag.186)
L’uso intenso della TV e di internet, che con la loro velocità nulla permettono di comprendere, spianano la strada al concetto di evento. L’evento è la nuova formula comunicativa (il riferimento è ai bulimici) pag.189. Come prima era la società chiamata ad aggregare le persone in un ambito coeso, attraverso i processi di socializzazione e l’uso della politica adesso è l’evento che chiama a sé uomini e donne; peccato che abbia una rapida obsolescenza.
Castells: due secoli di democrazia moderna non hanno seguito l’economia nello spazio globale (pag. 193) A pag.196 si focalizza il concetto che il piacere di viaggiare non è giungere a destinazione, così come per il Don Giovanni di Mozart è solo quando desidera che si trova nel suo elemento, anziché la conquista delle diverse corteggiate.
I rimedi. Sarebbe un bel gestire la crisi potersi ricollocare nel mondo, ma il 98% della popolazione mondiale vive a 5 km da dov’è nato e mentre se è fortemente incoraggiato il viaggio per turismo, non lo è l’emigrazione (pag. 76 e 77) A pag. 262 una frase che racchiude tutto il senso della nuova era contemporanea: si conta poco nella misura in cui si resta locali. In ambito di trasferimento lo stesso autore parla di: trasferirsi nel non luogo (di Augè) pag. 263 e che i membri dell’elite globali si frequentano solo tra di loro.
I Geremia della globalizzazione. Chi si oppone alla globalizzazione sono essenzialmente due mentalità. Quella comunitaria che tende a chiudersi nella propria civiltà (ognuno a casa propria) e chi immagina un governo centrale per tutti che l’autore definisce “agorà”. (pag.78)
Al di là dei soliti difetti dell’autore, che consistono nella ripetizione di alcuni argomenti tra un libro e l’altro, e di parti molto intense dove è difficile mantenere il senso (nessuno è perfetto), la lettura del libro di Bauman consente effettivamente di motivare le tendenze in atto nella nostra famiglia, comunità e società.