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Psicologia dell’ornamento di G. Simmel

by Giovanni Carlini
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Simmel e il saggio sulla Psicologia dell’ornamento


Scritto da un maestro di vita, Simmel spiega come l’ornamento non possa essere o costituire qualcosa che appartiene alla persona ma, al contrario, dev’essere un manufatto o un articolo che sia oggettivamente ritenuto prezioso da tutti. Espresso in termini complessi, si potrebbe affermare che l’oggettività del bello, nell’ambito dell’ornamento, lo rende soggettivo.
L’abito che fascia il corpo non è un ornamento, perché seguendone le forme non è più oggettivamente bello. Al contrario lo è un gioiello, quindi un bene ritenuto appagante alla valutazione di chiunque ne possa apprezzare la fattura, perché potrebbe essere esposto dal lui/lei che guarda, riconoscendosi in esso. E’ il caso, ad esempio, di un anello.
In questa lotta impari, tra il bisogno di possedere un manufatto, oggettivamente “ricco” e di volerlo mostrare per valorizzarlo, si consuma il bisogno sociologico dell’ornamento che è strutturato su due passaggi:

a) il bisogno di dare gioia agli altri;

b) la necessità che questa gioia ricada su noi stessi.

Simmel scrive: ci si adorna per se stessi ma si può far ciò solo in quanto ci si adorna per gli altri. E’ una delle combinazioni sociologiche più straordinarie (..) necessaria a mettere in rilievo ed a dotare di maggiore importanza chi compie il gesto di adornarsi. In un successivo passaggio, l’autore s’esprime con queste parole: l’ornamento aumenta o amplia l’impressione della persona (sugli altri) in quanto esso per così dire agisce come una sua emanazione. Simmel non si ritrae nel considerare oggettivamente superfluo e spreco il bene posto a ornamento, ma riconosce proprio in questo la sua sostanza espositiva e attrattiva. E’ il superfluo che coglie la fantasia delle persone anziché il necessario. L’autore usa esattamente queste parole: il superfluo s’irradia oltre la sua origine. Ecco che ai precedenti due punti ne vanno aggiunti altrettanti:

c) la natura d’accessorio e superfluo nell’ornamento, perché venga recepito dai passanti;

d) l’ornamento è considerabile come un’estensione della personalità di chi lo porta su di sé.

L’ornamento completamente aderente, come il tatuaggio è tipico delle società primitive, mentre la modernità si conferma nel concetto già ormai noto dell’oggettività dell’ornamento, che può essere applicato su chiunque: una cintura, anello, gioiello.
L’abito nuovo è quello che ancora non ha preso la forma del corpo che lo veste ed è per questo che viene osservato con interesse dagli altri. Quindi l’eleganza è un concetto sociale, fatto e pensato per gli altri.
Storicamente parlando, la nascita dell’ornamento risponde al bisogno di una proprietà privata femminile, nata più tardi rispetto a quella degli uomini. Quando quest’ultimi hanno già trovato la loro espressione caratteriale e dimensione sociale nel possesso dell’arco e della freccia, non necessariamente condivisa con gli altri, ma atto di forza e presenza nella comunità, alle donne resta il bisogno di piacere per piacersi. Approfondendo il concetto, mentre i maschi sono autonomi nel piacere che è per stessi, quello femminile è dedicato agli altri per trovare quelle conferme di autostima necessarie.
L’ornamento, ovvero il gusto d’apparire in forza di un bene oggettivamente bello per tutti, viene sublimato anche nella nudità artistica della propria donna (visto dal punto di vista maschile) che viene così trasformata in un gioiello, alla stregua dei gemelli d’oro da portare sulla camicia sotto una giacca di gala.
La nudità, in questa dimensione non è più per un nudo classico, che pone in relazione affettiva ed epidermica le persone coinvolte. La nudità qui espressa diventa estetica, arte e dimensione del bello, appunto ornamento e per essere tale, assume un senso oggettivo e spersonalizzato, come lo è una statua o un’opera d’arte. Interpretando e attualizzando il pensiero di Simmel in recenti stili particolarmente diffusi, in questi ultimi dieci anni nel mondo virtuale dove sembra si comunichi più con le foto che con i concetti e in particolare con immagini di nudità o provocazione (che vorrebbero essere l’ornamento di un’anima che poco sa raccontare ma molto mostra).

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