Aldo Moro, l’Onorevole Moro fu rapito mentre frequentavo l’ultimo anno delle superiori in vista della maturità. Quello stesso anno sarei entrato in Accademia Militare. Al di là dei ragionamenti politici, strategici e complottisti di quella stagione, che ancor oggi si trascinano, restano degli aspetti semplici, diretti, che mi hanno sempre lasciato molto perplesso.
Pare che l’Onorevole, in vista della morte o comunque in cattività, non abbia reagito con forza e determinazione, quella di un Capo in grado d’incutere timore ai suoi carcerieri. Per intendersi un leader alla Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, l’attuale Capo dell’Ucraina offesa dai Russi.
Giustamente s’obietta che tutti gli uomini in vista della morte o di un’ingiusta detenzione “reagiscono male”. Però, ed è qui il nocciolo della vicenda, ai carabinieri- poliziotti di scorta e tutti gli altri impegnati in quella vicenda come altre, si pretende che lottino fino alla morte. La pretesa è anche corretta; il carabiniere di scorta DEVE reagire (altrimenti che ci sta a fare lì?) reagire anche a pena della vita.
Se questa è la legittima pretesa da parte della Comunità e dello Stato verso i tutori della legge affinchè s’imolino per la difesa di un diritto, perchè al politico è concesso d’ondeggiare di fronte alla fine?
Da precisare che la morte del Segretario della Democrazia Cristiana non sarebbe stata la morte per malattia di un qualsiasi altro cittadino, ma di un “eroe” che avrebbe lottato per la libertà e democrazia in questo Paese.
Insomma, la morte d’Aldo Moro non sarebbe stato un decesso, ma una vittoria dello Stato e delle idee della DC per essere ricordati e onorati nei decenni successivi.
Eppure al politico è stato concesso lo sbandamento, che invece non s’accetta ai suoi stessi agenti di scorta, che sono onorevolmente morti nello svolgimento del loro dovere (pur senza colpire nessuno di quei terroristi!!!!)
Due pesi e due misure.