Produzione snella sporcata dall’ossessivo, sostanzialmente patologico, ricorso a terminologia non nazionale. I concetti non sono facili motivo per cui la lingua madre è importante. Appesantire il ragionamento con un diluvio di terminologia straniera distacca l’attenzione di chi vuole capire allontanando le persone dai concetti.
Perchè ci siamo ridotti ad un maniacale esibizionismo linguistico nell’abuso di terminologia straniera?
Ovviamente l’abuso nell’uso di parole straniere nel linguaggio corrente, esprime la crisi della globalizzazione nella definizione dei concetti.
Vuol dire che in era globalizzata (oggi si può ampiamente affermare post-globalizzata trovandoci in una nuova stagione) non è importante il concetto quanto il mostrarlo. Che nessuno ci capisca nulla è poco importante, l’obiettivo è “parlarne” senza una reale finalità operativa. Ecco dove l’esibizionismo diventa patologico.
Esaminando diversi testi dedicati alla produzione snella, il riferimento è a quanto scritto, solo a titolo d’esempio, dal prof Alberto Portioli Staudacher o all’Ingegner Giovanni Graziadei, c’è letteralmente da mettersi le mani nei capelli. Questo perchè si nota un perverso tentativo di stravolgere il linguaggio.
Probabilmente se nel resto del mondo (quello anglosassone) un concetto è chiamato “lean” perchè tradurlo in snello?
Altro esempio: in giapponese “muda” vuol dire spreco.
Per chiunque stia leggendo queste note, per spiegarsi e restare nella mente di chi ci legge è bene esprimersi per SNELLO e SPRECO o accennare a “lean” e “muda”?
Qui probabilmente si scontrano due mentalità. La prima estetica, fine a se stessa, vuole esserci indipendentemente se capita e applicata. La seconda necessità è applicare i concetti spiegandoli a tutti: dirigenti, operai, immigrati che spesso non parlano neppure l’italiano e sono stati ugualmente assunti!
Constatando quanto sia “duro e difficile” spiegare per condividere, ecco la produzione snella sporcata dal linguaggio esibizionistico che diventa triste realtà.
Ci troviamo in pratica a ripulire i testi cancellando o traducendo l’eccesso esibizionistico linguistico: che peccato!