Riaperture dei negozi e rilancio della attività commerciali in fase 2. Tutti premono per riprendere l’attività. In tutta onestà la precisa sensazione è per un brusco rialzo dei contagi. Un rialzo tale da interrompere le riaperture o meglio, averle a “macchia di leopardo” in Italia. Del resto è quanto si sarebbe già dovuto fare da tempo.
Che senso ha che la Calabria applichi le stesse limitazioni della Lombardia? La differenza tra il Molise e il Piemonte risiede nel numero d’infetti. Sotto una certa soglia “gestibile”, la totale chiusura della attività è un’esagerazione.
Un’altra esagerazione è chiamare con termine inglese la CHIUSURA DELLA ATTIVITA’.
Cani e porci non sanno più modulare l’espressione CHIUSURA DELLA ATTIVITA’ ma sbraitano parole straniere. Perché lo fanno? esibizionismo!
L’esibizionismo era e resta ancora una pecca dell’era globalizzata. Dimenticarsi il linguaggio italiano per sostituirlo con quello straniero è maniacale.
Chiarito il contesto per quanto riguarda le riaperture, non è stato ancora espresso il punto cruciale.
Non è tanto importante “aprire l’attività” quanto la latitanza del consumatore. Tradotto vuol dire che si potrà anche aprire ma chi ci va al ristorante?
Ecco l’incognita che pare nessuno voglia prendere in considerazione.
Due, tre mesi di forzata inattività, nel buttare via soldi in una sorta di iper consumo, hanno rieducato il consumatore? Non si sa. Certamente l’idea di recarsi in un ristorante, dove il ricarico del prezzo è del 230% lascia molto perplessi. Forse è più sano mangiare a casa!
Con questo tipo di nuova sensibilità i ristoranti sono un qualcosa del passato. Il ragionamento s’estende anche al cibo da asporto, causa ancora l’alto costo e le commissioni richieste. Non ultimo, la pessima applicazione del diritto del lavoro ai trasportatori di cibo.
Le riaperture colpiscono anche i negozi e quello shopping che pare decaduto a vantaggio degli acquisti da remoto, detti e-commerce.