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Manifesto per una scuola privata che ancora non c’è.

by Giovanni Carlini
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Manifesto come concetto culturale per una Scuola, necessariamente privata, che ancora non c’è. 

La scuola privata che immagino è apparentemente un’azienda, in realtà una scuola con lo scopo d’intervenire (non polemicamente) dove altri docenti non sono riusciti.

Vuoi per classi troppo numerose o complessità nella gestione dell’allievo, quindi frequenti avvicendamenti nei titolari di cattedra, di fatto il sistema formativo nazionale non è riuscito ad ottenere quel prodotto culturale che l’Istituzione e la famiglia avrebbero voluto. 

Ogni studente, dalle elementari all’Università costa al sistema Italia 6.500 euro all’anno. Questo significa che per giungere alla maturità, in 13 anni scolastici, ogni singolo studente ha ricevuto un investimento pubblico pari a 84.500 euro. 

Una cifra di questo tipo è comune in tutto il mondo Occidentale, non lo è in altri contesti culturali dove solitamente si spendono 20 euro/anno nei 56 stati del continente africano e mediamente 50 dollari/anno in Asia.

Indipendentemente che i 6.500/anno siano tanti o pochi, questa è la scelta culturale dell’Occidente: investire sui propri figli. 

Purtroppo le famiglie e gli stessi studenti, per non parlare dei docenti, non sono coscienti di questo investimento che lo Stato applica su ogni studente, indipendentemente dalla resa in cognizioni note o “dimenticate”.

Attualmente le famiglie, almeno in Italia intervengono al massimo con un contributo di 150 euro per spese di segreteria e 500 euro per libri di testo. Per i restanti 5.850 ci pensano i contribuenti italiani. 

Questi dati, tratti dal Bilancio dello Stato Italiano, vengono qui citati in onore e rispetto di un impegno che vede tutti i cittadini, attraverso le tasse, contribuire al benessere sociale.

Nonostante la grande e importante spesa che lo Stato sostiene su ogni studente, spesso, si potrebbe anche dire troppo spesso, il risultato non è all’altezza delle aspettative. Ecco il bisogno di un manifesto per la cultura scolastica.

La comunità non riesce a ricevere dalle nuove generazioni idee, concetti, punti di vista, quote d’innovazione e civiltà pari alla cifra investita. 

Neppure in età adulta, la comunità riceve quel livello di civiltà che si potrebbe pretendere da un simile investimento.

Per fare un esempio, l’Istat comunica che la percentuale di divorzi si è elevata al 42% delle coppie coniugate, lasciando un grave segno nella formazione affettiva dei minori. Non è finita: si stima che il 60% delle coppie non coniugate si lasci. 

Dati di questo tipo non sono all’altezza di un investimento sociale da 6.500 euro/anno per studente. 

Tralasciando il merito morale o filosofico del concetto appena espresso che comunque ha il suo rilievo e bisogno di riflessione individuale, lo scopo e missione sociale della Scuola qui immaginata è quello d’intervenire con estrema rapidità sulle difficoltà dell’allievo riportandolo alla sufficienza o al degno superamento dell’esame per aver capito.

In una parafrasi la Scuola diventa e assume il compito d’ospedale da campo nella battaglia per la cultura. Curare i feriti per rilanciali nella lotta.

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