Le nuove regole per internazionalizzare le PMI italiane
L’internazionalizzazione, indispensabile alla sopravvivenza del sistema Italia, è cambiata negli ultimi 60 giorni. In realtà, da molti mesi, in questa tribuna sono state descritte le nuove linee di tendenza, senza un apparente interesse. Le PMI italiane si confermano “paralizzate” e scarsamente reattive alle novità del mercato. Si rinnova la pessima reputazione dell’imprenditore italiano. Ovvero un personaggio che non emerge da un iter formativo specifico, ma uno che si “arrangia”. Certamente il sapersi tirare fuori dalle difficoltà con fantasia e creatività è buona cosa, a patto che non sia un sistema di vita.
CHE COSA E’ CAMBIATO NEGLI ULTIMI 60 GIORNI. TRA LA FINE DEL 2016 E GENNAIO 2017
Il cambiamento ha un nome: Donald Trump. In realtà era già stato anticipato dalla Brexit, benchè sdegnosamente ignorata dal mondo intero. Il cambiamento consiste in un concetto semplice: non si esporta più un prodotto solo vendendolo. Spiegato meglio, non si possono produrre cucine in Veneto e venderle in California. Non funziona più così. Questo vale per il cibo e qualsiasi altro prodotto. Interessante la riflessione di Francesco G. che rivendica lo stile italiano realizzabile sono nel nostro paese. Allora, c’è da rispondere a Francesco, perchè abbiamo un 40% di giovani disoccupati causa delocalizzazione? Franca Polizzano interviene spiegano che il cibo italiano non ha delocalizzato, restando un marchio di pregio DOP e DOC del made in italy. Interessante come precisazione, ma non funziona più così. Paola Limena, creatrice di disegni per la moda rincara la dose. Paola afferma: è vero che si delocalizza ma sempre su nostro disegno. In un certo senso la Signora Limena si avvicina di più alle nuove tendenze dell’internazionalizzazione.
2 comments
Io posso esprimermi solo su ciò che conosco di più .La moda .naturalmente la nostra moda i,il nostro Made in Italy tanto ricercato in patria e all’estero.Le grandi firme anche straniere progettano e realizzano i prototipi qui in Italia,e puntualmente espatriano all’estero per la realizzazione del prodotto finito ,sappiamo benissimo quali sono i paesi esteri che operano nel settore ,paesi sempre più lontani e più poveri da sfruttare.Quando ho cominciato io a lavorare molti anni fa ,le imprese ,i laboratori di moda erano il fulcro della nostra attività.Ora si possono contare a memoria,I cinesi hanno preso anche loro il sopravvento,cinesi cinesi cinesi che lavorano giorno e notte però è “Made in Italy”.Senza contare tutti i raggiri per spacciare Made in Italy prodotti fatti all’estero,,tipo cambio etichetta in loco.Detto questo penso che la nostra moda vada fatta qui ed espatriata,impensabile portare un prodotto a metá e finirlo in un’altra nazione ,si possono esportare le idee ,le nozioni,i progetti ma la manualità la nostra non credo
Il mio pensiero su quello di cui mi occupo su altro non sono abbastanza informata
è interessante il tuo punto di vista Paola Limena anche se non lo vedo più attuale con le nuove regole di import-export. Sarà arduo spiegare agli americani l’acquisto del Made in italy senza una partecipazione al lavoro statunitense. Credo che se non affitti-acquisti un capannone negli Usa e assumi una 40ina di persone, nessuna azienda possa più operare in quel contesto.
Comments are closed.