Home SOCIOLOGIAStudi di sociologia Die Mode: Georg Simmel. Prof Carlini studi

Die Mode: Georg Simmel. Prof Carlini studi

by Giovanni Carlini
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Die Mode è il testo più famoso e importante del filosofo e sociologo Georg Simmel. Stiamo parlando di moda.

Da dove cominciare? Lo studio attento di questo testo che si sviluppa per appena 65 pagine, presenta un numero impressionante di concetti per cui non si sa più da dove partire. Certamente chi apre un libro come Die Mode, scritto nel 1911, crede di trovarsi di fronte a un inno alla moda, alle sue implicazioni culturali e importanza nella società. Nulla di più sbagliato! Simmel, da buon professore di sociologia ha studiato il senso sociologico della moda aprendo molti aspetti tra cui diversi particolarmente negativi e anche imbarazzanti quando sono letti oggi nel 2016. Ecco come Simmel nel Die Mode ha saputo mettere a nudo la moda svelando le debolezze di chi ne ha bisogno.

Chi ha bisogno d’essere alla moda? Per l’autore in particolare le donne e anche un certo tipo di uomo, entrambi comunque bisognosi di un rapporto sociale. Anzi la moda esiste solo nel contesto di una relazione sociale che può essere sia a favore che contraria verso lo stile in voga in quel certo momento. L’assenza di una partecipazione alla relazione sociale esclude che si possa parlare di moda. Su questo aspetto Simmel è categorico (esponendosi a una critica e dibattito). Il riferimento specifico nel libro Die Mode è per la Firenze del 1390 dove la popolazione maschile si vestì in forme tutte diverse tra loro per esibirsi e distinguersi. Ebbene Simmel afferma che quell’esperienza rinascimentale italiana non si può definire moda perchè non rappresentò un momento di adesione alla società di allora ma un vezzo occasionale. Pertanto la moda si deve inquadrare in un DUALISMO (concetto ricorrente in tutta la sociologia di Simmel anche su altri temi) costituito da imitazione e differenziazione. 

Per rendere questo studio più concreto e semplice si procede nella descrizione dettagliata punto per punto:

a) Die Mode è uno studio di sociologia, non celebrativo verso la moda, a cui non viene neppure riconosciuto il senso e significato di cultura o arte;

b) la moda non è arte o cultura, perchè incapace di riconoscersi in un modello classico (così afferma Simmel a pagina 62). E’ classico ciò che resta nei secoli, mentre la moda è velocità di cambiamento. Ogni modello muore nel momento stesso in cui nasce;

c) il dualismo applicato nel caso della moda riguarda L’IMITAZIONE e la DIFFERENZIAZIONE. In tal senso alla moda Simmel riconosce un PROCESSO SOCIALE;

d) tra il 1300 e il 1400 in Germania ci fu un nuovo assetto sociale che escluse le donne dalla capacità di decidere nella società. Come riposta, le tedesche scatenarono un importante differenziazione nell’uso degli abiti. Nello stesso periodo, sempre nella Firenze Rinascimentale, le donne rimasero incluse nella società e per questo non ebbero motivo di ricorrere a un selvaggio quanto propositivo uso della moda e dell’abbigliamento. Da questa ricerca, aggiornata negli anni 1900-1918, Simmel rivela come il grande bisogno di moda nelle donne, emerga dal loro essere state poste ai margini della società per secoli con solo 2 funzioni, quella affettiva e riproduttiva (almeno dai tempi di Tucidide, IV secolo a.C. fino al 1918) rispetto i 6 attuali ruoli che si sono aggiunti dal 1918 ad oggi: lavorativo, estetica, intellettiva e consumistica;

e) l’uomo, per Simmel gioca con la moda restandone distaccato. Nel caso ricorresse a questo sistema espressivo lo fa come prezzo da pagare (pegno) per far parte della comunità celando i suoi veri sentimenti. Quando l’autore parla di aperta ESAGERAZIONE ed ESTREMIZZAZIONE nell’uso della moda, non è chiaro se si riferisse a un atteggiamento tipicamente maschile o anche femminile come di entrambi. Certamente nella moda esiste questo rischio, che apre a una serie d’aspetti negativi;

f) un altro aspetto non felice della moda, descritto ampiamente nel testo Die Mode, riguarda l’eccessivo bisogno di VELOCITA’, per cui un capo muore nello stesso atto della sua nascita. Il tempo che c’è nel ciclo del prodotto è limitatissimo (in genere una stagione) portando il consumatore a una non fedeltà strutturale verso l’abito e lo stile che esprime. Non solo, il vestito è considerato nuovo se risponde a un bisogno di UNIFORMITA’ con gli altri (quasi standardizzazione – vedi jeans strappati per la odierna generazione giovane). Nel corso del suo uso, perdendo l’originale forma impeccabile e adattandosi alle forme del corpo diventa vecchio e superato. Quest’accelerazione innaturale della moda, risulta particolarmente diseducativa, anche se esprime il vero motivo d’attrazione verso di essa. Le persone amano un ciclo rapido di cambiamenti che sia per loro sfogo e rifugio dalla vita, lavoro, coppia, affetti. In pratica abbiamo creato un DIVERSIVO o uno scivolo consolatorio alla vita sociale e affettiva. Si fa SHOPPING per sfogarsi.

g) è importante collegare il concetto di VELOCITA’ all’immaturità (un tema che sarà riconoscibile in altro testo dell’autore – Le metropoli e la vita dello spirito del 1903) per cui il NUOVO viene sempre acriticamente accettato per il solo fatto d’esserlo;

h) questa VELOCITA’ crea una tendenza all’essere INFEDELI in quanto apertamente e dichiaratamente aperti e bisognosi per la successiva versione dell’abito. Il collegamento tra queste valutazioni (già del 1911) e la sociologia della famiglia e della devianza del 2016 è lampante nel constatare come in Occidente si divorzi al 45% (dato Istat) e ci si abbandoni al 60% delle coppie non coniugate (dato presunto). Unendo gli studi sull’abuso del web e della globalizzazione di Zygmunt Bauman, con le riflessioni di Georg Simmel, si ha ora un quadro preciso della crisi nella società moderna e globalizzata, dove la moda ne è un aspetto, nel più ampio quadro di diseducazione sociale. Interessante il passaggio (pag. 25 del testo) per cui più è “nervosa” un’epoca e maggiormente cambia gli stili;

i) interessante il noto passaggio che considera la moda come un ASCENSORE SOCIALE prontamente abbandonato dalla classe superiore come adottato da quella considerata “inferiore”. Sul discorso delle classi, Simmel introduce una nuova osservazione. La storia dell’umanità ha ricevuto certamente un grande impulso in velocità e ricerca del nuovo dall’ingresso del TERZO STATO nella storia. Laddove i poveri non hanno mai avuto la forza di fare scelte e i ricchi hanno bloccato il progresso come un tappo su una bottiglia per evitare di perdere i loro agi, ecco che il TERZO STATO E (successivamente) CLASSE MEDIA irrompendo nella storia cerca IL NUOVO e utilizza la moda come ascensore sociale e gusto della novità pur non essendoci alcuna utilità pratica;

l) pur in assenza d’UTILITÀ’ PRATICA, in Die Mode si riconosce il ruolo DI STIMOLAZIONE NEL SUPERAMENTO DEL LIMITE (valvola di sfogo) che la moda offre alla popolazione. Siamo praticamente al livello dei giochi tra gladiatori nella Roma imperiale con la loro funzione d’appagare il popolo affinché non s’interroghi sul degrado cittadino;

m) in questo suo essere prevalentemente occasionale, la moda sfrutta gli ELEMENTI EFFIMERI che occupano sempre più spazio;

n) L’INVIDIA SOCIALE assume nella moda strumento di misura tra classi, favorendo una conflittualità che non intacca il sistema di governo, ma logora all’interno le persone (NERVOSISMO SOCIALE). Qui si agganciano gli studi condotti sul Prigioniero da Parkinson (THE PARKISON PRISONER) già pubblicati;

o) essere alla moda è sempre considerato conveniente dalla comunità, qualsiasi sia lo stile anche se, singolarmente prese, le persone non sarebbero così generose nelle scollature e nel far mostra di sé. Nonostante ciò se “la moda lo richiede”, c’è una forte contrazione del pudore che resta vigile nel privato ma accettabile in pubblico. Da qui la risposta a quei controsensi, specie in stagione estiva e applicati sulle donne, che restano molto (troppo) propositive negli abiti in città e poi particolarmente critiche verso il nudismo al mare.

p) Simmel apre a una moda personale e a una sociale citando le esperienze di Schopenhauer e di Goethe. Il primo afferma che a ogni uomo è stato assegnato un quantitativo di piacere e dolore le cui modifiche possono essere limitate alla forma, ma non nella sostanza. Goethe invece, dopo un illuminante viaggio in Italia, invita a un atteggiamento positivo verso qualsiasi forma esteriore in termini di moda e abbigliamento, come atto liberatorio.

A ben guardare in sole 65 pagine di saggio, Simmel ha saputo esporre una massa di riflessioni che non sono affatto “vecchie” rispetto ad oggi. Certamente impressiona la lucidità e senso critico, dove oggi questi concetti non si possono affermare in chiaro, senza scatenare una massa di polemiche fine a sé stesse, quasi che la verità faccia male. Al netto di tutto, è possibile pensare a una moda che non sia dannosa per la nostra qualità di vita e quindi educare i figli a un approccio meno maniacale e servile? Ecco il vero interrogativo che Simmel ci propone a distanza di un secolo abbondante. Evviva quella moda che non instupidisca. Il guaio è che oggi non ci sono interlocutori per sanare il rapporto tra cliente e moda.

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