Home RAGIONERIAAppunti per gli studenti 25 luglio 1943 e 28 aprile 1945 indicano due reazioni completamente diverse degli italiani

25 luglio 1943 e 28 aprile 1945 indicano due reazioni completamente diverse degli italiani

by Giovanni Carlini
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25 luglio 1943 e 28 aprile 1945 indicano due reazioni completamente diverse degli italiani. I fatti sono noti. La notte del 24 luglio il Duce è deposto e l’Italia festeggia. Il 28 aprile 1945, Benito Mussolini è ucciso a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como. L’Italia reagisce in forme diametralmente opposte, perchè?

25 luglio 1943, la stampa informa il Paese che il fascismo è finito. La Casa Regnante riprende il controllo dell’esecutivo; Mussolini è arrestato. Come riferirà il Ministero degli Interni successivamente, in Italia si contano qualche ferito e una decina di morti. Il Paese è in festa anche se non ha capito il futuro. In realtà neppure i Savoia avevano capito cosa e come fare. La prova di questa affermazione è custodita nell’8 settembre 1943 e nella Memoria Operativa 33 emanata dallo Stato Maggiore dell’Esercito italiano. La reazione nazionale del 1945 è stata diametralmente opposta a quella del 1943: perchè?

Tanto per cominciare va localizzato il fenomeno isterico dell’aprile 1945 al solo Nord Italia. Un’area del Paese che ha sofferto 20 mesi d’occupazione e guerra civile. Quindi va operata una netta distinzione tra sud e nord con un centro tutto sommato pacifico. Non è finita, per spiegare il fenomeno vanno analizzati 3 fattori che costituiscono una guerra civile. Si parte dal presupposto che quanto vissuto al Nord del Paese, sia stato uno scontro tra civili inserito in una guerra mondiale.

Il primo fattore di una guerra civile è la fine del monopolio statale della violenza. Tutti sparacchiano a destra e manca, colpendo anche a caso. 

Secondo fattore è la non riconoscibilità del nemico. 

Infine in terzo e più importante aspetto di una guerra civile è la maggioranza amorfa. Quella larga parte di popolazione che ne vuole restare fuori. Ecco il punto. 

E’ molto probabile che Palmiro Togliatti, allora segretario del PCI, abbia spinto la lotta partigiana cercando di gettare nella mischia la maggioranza amorfa. Mi spiego. L’obiettivo dei comunisti italiani era di vincere sul fascismo, ma in realtà prendere il potere in Italia. La prospettiva fu di alzare la drammaticità dello scontro per poi gestirlo. In tal senso la direttiva del 10 aprile 1945 dal PCI ai partigiani comunisti operanti a Nord a firma di Luigi Longo. L’ordine è di NON ACCETTARE ALCUNA PROPOSTA CHE LIMITI L’INSURREZIONE NAZIONALE. La prospettiva è di fare in fretta per liquidare ed epurare facendolo in forma spettacolare per guadagnare visibilità politica. Ed è così che verrà fatto dai comunisti italiani al Nord.

Resta un’altra considerazione da fare.

L’Italia del Nord era ormai spezzata in tre atteggiamenti sociali: neutrali, partigiani e fascisti.

Mentre i neutrali attendevano il futuro e i partigiani lottavano per l’avvenire, i fascisti combattereno sapendo d’aver perso. Perchè? In questa prospettiva il 25 luglio 1943 avrebbe dovuto rappresentare la fine di un progetto politico durato 20 anni. Inaspettatamente, invece il 25 luglio fu l’inizio della fase finale del partito fascista, che è voluto restare protagonista della storia. Eppure TUTTI sapevano, a quella data, chi avrebbe vinto la guerra.

Sul perchè e l’insistenza a restare fascisti, dopo il 25 luglio 1943, serve un altro studio che verrà qui pubblicato. 

Relativamente all’isteria collettiva dell’aprile 1945 con 10mila morti tra ex fascisti e cittadini normali, pesano volontà di partito (PCI) mai studiate sino ad ora.

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2 comments

rosaria di bona 29 Settembre 2018 - 17:31

In un articolo del giornalista Marino Pascoli de ” La voce ” di Romagna del 6 Dicembre del ’47, si legge : ” Dobbiamo distinguere i partigiani veri da quelli falsi. Quelli veri sono coloro che hanno combattuto con fede per la liberazione dell’ Italia e questi sono pochi. I partigiani falsi sono la maggioranza e sono quelli che hanno fatto i teppisti mascherati, i collezionisti di omicidi e che andarono in giro col mitra, quando non vi era più pericolo, a fare gli ” eroi “. Questa gente, anche se oggi milita nelle fila dei partigiani, si è macchiata di sangue, di prepotenza, di ricatti .
Oggi si celebrano le vittime del nazifascismo, ma si continuano ad ignorare le vittime del comunismo. Sarebbe ora che il ” tabù ” fosse smascherato, con la rimozione delle falsità, delle menzogne e dei silenzi imposti dalla cultura comunista alla storia italiana degli ultimi settant’ anni.

Giovanni Carlini 29 Settembre 2018 - 17:52

come vede prof. Rosaria di Bona il bisogno di chiarezza storica vive da 74 anni: è troppo se abbiamo a cuore la stabilità della Repubblica Italiana. Oggi il 10% della popolazione è collegata a quei fatti dalla parte delle vittime dell’epurazione e giustizialismo partigiano. Questo 10% non è partecipe alle necessità della Nazione. Come recuperare queste persone ed elettorato?

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