2009 come anno da comparare con quale periodo? Nel Usa si è aperto il dibattito che ora qui riportiamo in Italia.
2009. Negli Stati Uniti finalmente si è aperto un dibattito serio sulle strategie per uscire dalla crisi; per questo motivo la Redazione di Siderweb.com, dal 23 giugno si porta in Nord America e ci resterà fino a settembre, visitando le diverse sedi universitarie dove si sta formando il “nuovo pensiero economico”. Con questo servizio all’utenza, questa testata web di siderurgia italiana si propone di “andare alla fonte” per cercare, esattamente dove si costruiscono le idee, ipotesi, punti di vista, opinioni da offrire in tempo reale ai nostri lettori, al fine di assumere posizioni più adeguate in azienda rispetto il grave momento che stiamo tutti vivendo.
Oltre all’impegno “americano” da parte della Redazione, c’è un desiderio di approfondimento (sostenuto dai lettori) nel continuare a cercare un confronto tra il 2009 e un certo anno/periodo dal 2002 ad oggi. Anche in questa puntata della ricerca, oltre ad altre domande d’attualità, molti lettori hanno desiderato esprimere il loro punto di vista, che qui si offre in fedele cronaca, per far girare più rapidamente le idee di “chi fa il mercato”.
Domanda: quale anno o periodo rappresenta un corretto confronto con il 2009 nell’industria siderurgica italiana?
Risponde Giovanni Carli della Ciocca lamiere – centro Servizi: l’anno 2009 mal si confronta con altre annate, certamente non con il 2008 né con il 2007, ma è anche difficile trovare delle similitudini con anni precedenti, questo perchè trascorrendo il tempo muta sensibilmente il contesto globale e i confronti si fanno difficili.
Risponde una Fonte Autorevole: l’attuale congiuntura del settore siderurgico è assimilabile a quella del 2003-04 anche se di intensità maggiore, perché il calo della domanda nei paesi industriali è stata finora maggiore e le difficoltà dei settori utilizzatori di prodotti siderurgici (edilizia e automotive) sono più gravi di allora.
Domanda: come pensa possa evolvere il mercato nel 2009?
Carli: l’impressione è che tutto il 2009 sarà segnato da un andamento fiacco; sarà difficile trovare spunti migliorativi nei prossimi mesi, gli effetti degli interventi di politica economica come era prevedibile tardano a farsi sentire e il comparto siderurgico ne risente. Il consumo reale, pur difficile da valutare, è caduto di una percentuale rilevante e quello apparente ancora di più, valutati entrambi più o meno a quota -50 % in sintonia con il crollo delle altre linee di produzione.
Fonte Autorevole: Il 2009 per l’industria siderurgica è un anno molto negativo e difficilmente vedrà un’inversione di tendenza, che potrebbe invece iniziare nel primo semestre del 2010.
Domanda: sarà vero che possiamo accontentarci di vendere meno contraendo la produzione?
Carli: Mi sembra che tutto il contesto non dia spazio a margini diversi dall’accettare un “ritmo ridotto”, l’economia per ora non riprende a funzionare né in Italia che in Europa, il calo del PIL previsto è elevato e le analisi che si susseguono non indicano prospettive di miglioramento. Gli ultimi rilevamenti italiani sul PIL parlano di un – 6 % Come è possibile pensare a una ripresa nel breve del mercato siderurgico, in queste condizioni. Tutte le attese sono spostate al 2010 se non oltre.
Fonte Autorevole: La produzione ristagnerà sui livelli attuali fino all’autunno, per poi registrare un timido rimbalzo, ma la vera inversione non si avrà prima del 2010.
Domanda: la Cina fa ancora paura e risulta fortemente ridimensionata dalla crisi, non cogliendo il mitico +8% di crescita del PIL, esponendosi così a rivolte e ribellioni sociali che potrebbero collassarne il “sistema sociale”, cosa ne pensa?
Carli: E’ difficile capire a fondo quanto avviene “ dietro le quinte “ di un paese, in cui il potere assoluto ha un peso rilevante come quello cinese, non credo comunque esistano, a breve, pericoli traumatici tali da influenzare l’equilibrio politico del paese, al contrario ritengo ci siano ancora spunti per la crescita, anche se in termini più contenuti.
Fonte Autorevole: la Cina è tra i pochi paesi che stanno crescendo grazie ai massicci interventi governativi per stimolare al domanda. Il PIL è previsto crescere tra il 7 e l’8%, un risultato positivo se si considera che la Cina è la terza potenza economica mondiale e viene da almeno dieci anni di crescita a due cifre. Non credo che questo paese sia sull’orlo di una crisi sociale per una crescita insufficiente del PIL. Se il governo cinese volesse, potrebbe far crescere la domanda interna più di quanto ha fatto, non avendo i vincoli di bilancio che invece dominano in tutti i paesi industriali. La Cina è il paese con le maggiori riserve a livello mondiale e ha un debito pubblico sul PIL molto basso.
Domanda: tolta la Cina a rischio di collasso sociale e la Russia, che non sa offrire norme certe per la crescita del suo mercato, che cosa ci resta?
Carli: A parte Cina e Russia, il mondo occidentale, Europa e Stati Uniti devono ritrovare un nuovo metro di progresso scevro da speculazioni, da giochi finanziari, da esasperazioni nella globalizzazione con spinte centrifughe violente e arretramenti improvvisi. Se ciò avverrà, anche il mercato dell’acciaio ritroverà il suo giusto equilibrio tra produzione e consumo, quindi una corretta remunerazione delle varie fasi della filiera. Solo così (anche se sembra tutto remoto quanto teorico) potremo lavorare positivamente.
Fonte Autorevole: La Russia sta attraversando un momento di difficoltà, strettamente connesso al calo dei prezzi delle materie prime di cui è esportatrice netta. Questa situazione non dovrebbe durare ancora a lungo e non appena i prezzi delle materie prime cominceranno a risalire, l’economia russa tornerà a crescere a ritmi sostenuti.. Nei prossimi due anni l’economia mondiale crescerà soprattutto grazie ai paesi BRIC (Cina, India, Russia, Brasile).
Domanda: gli USA saranno i primi a ripartire appena la crisi allenterà la sua corsa, avete progetti per entrare rapidamente in quel mercato?
Carli: Gli USA hanno, per parte loro, molto da rinnovare per poter uscire dalla crisi in tempi più brevi, sembra che la strada intrapresa sia quella giusta con il cambiamento politico del 2009, ma il peso degli USA sul mercato globale dell’acciaio è sensibilmente diminuito
Fonte Autorevole: Non credo che l’economia USA sarà la prima a ripartire. I guasti provocati dalla crisi iniziata due anni fa, con i mutui subprime sono profondi e si sono trasferiti sull’industria statunitense in modo traumatico. Ci vorrà del tempo prima che le principali imprese americane ritornino in equilibrio dal punto di vista economico e finanziario, tenendo presente che la domanda interna non potrà crescere ai ritmi degli anni precedenti la crisi, per la distruzione di risparmio delle famiglie e i vincoli all’espansione della spesa pubblica.
Domanda: la globalizzazione è finita, oggi si parla di macroaree (vedi UE) concordate con questa visione?
Carli: Ho già accennato ai problemi di un’esasperata globalizzazione che al contrario delle sue promesse ha invece favorito solo fasi diverse di sviluppo nelle varie aree del mondo emarginando ancora di più l’Africa e l’America Latina ad esempio. Per noi che facciamo parte del mondo dell’ acciaio si aprono nuove sfide nella valorizzazione di questi mercati superando il concetto “globalizzazione”
Fonte Autorevole: Non credo che la globalizzazione sia finita. Sicuramente continuerà in modo meno frenetico e con un maggiore coordinamento fra i paesi artefici di questo processo inarrestabile.
CONCLUSIONI
Non a caso compaiono due interviste che sono diverse tra loro. Sicuramente a chi è troppo sicuro nel ribadire dei “dogmi” di un’epoca passata, va rammentato che:
– Come il PIL cinese si è fermato al 6%, subito le cronache dei giornali hanno registrato l’allontanamento dei giornalisti occidentali da Piazza Tienanmen e sono cominciati gli scontri con la polizia. Francamente non vorrei stare nei panni di chi ha aperto stabilimenti di produzione in Cina o di chi si è legato eccessivamente a una dittatura;
– la Russia non ha solo problemi di calo del prezzo di materia prima, ma si tratta di aspetti strutturali. Nel “Dossier Russia” pubblicato a giugno, in italiano e inglese sulla rivista Dimensione Pulito (Spazio Tre editore – Milano) è stato scritto in chiaro come questo paese non sia in grado di relazionare con sistemi industriali avanzati se non colonizzato, il che significa che mancano gli elementi di base (la democrazia e la circolazione del pensiero) per fare economia;
– finché 500.00 studenti già laureati, ogni anno da ogni parte del mondo, sceglieranno le sedi universitarie statunitensi per specializzarsi (anziché quelle cinesi o russe o tedesche come francesi) il pensiero originale, quello profondo, proseguirà a costruirsi solo negli USA (come avviene da 60 anni ad oggi) Trascurare questo aspetto significa restare ancora esposti a sorprese. Ed è proprio in America che si fa largo un nuovo punto di vista: chi l’ha detto che basta aspettate il 2010 per tornare “tutto come prima”? la storia, l’economia e le vicende degli uomini, alla luce degli ultimi 150 anni dimostrerebbero che il futuro non è affatto indirizzato verso “un recupero” dei livelli pre-crisi 2008.
A questo punto il problema è capire come si fa a restare sul mercato, (ma ciò è oggetto di un’altra puntata delle nostre chiacchierate) perché chi è ancora oggi in attività non è detto, se non si adegua rapidamente, che resti nel prossimo futuro. Il futuro ovviamente, non è fra chissà quanti anni, ma comporta appena una manciata di mesi.